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3.7.10

LA STRADA COSTRUITA SUL VUOTO: VENTOTENE


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IL CASO Nuovo sopralluogo di Terra a Ventotene.  Alcune zone a rischio frana non sono ancora ben segnalate. Il geologo  Caniparoli lancia l’allarme: «I camion pesanti circolano sulla volta  delle grotte di tufo, gravi i rischi»       

Un camion di diversi quintali in sosta su un costone segnato nelle mappe  dell’Autorità di Bacino come a rischio. Un altro, con una cisterna di  carburante, fermo a pochi metri. Entrambi sono su una viuzza che, spiega  il geologo Riccardo Caniparoli, «non ha le caratteristiche tecniche per  essere usata come strada per il trasporto di merci fino al molo di  servizio posto poco più avanti». Una pista che corre sospesa su due  grotte tufacee sottostanti. A picco sul mare. Appena sotto, tra gli  scogli smussati dall’erosione marina e del vento, c’è una ragazza che fa  il bagno. È la stessa zona di cui Terra ha già raccontato nel  numero di domenica scorsa: ci si accede camminando per pochi metri  nell’acqua, che qui è bassa. Non è interdetta. E lo strato che separa la  strada dalla parete della grotta, che rientra per diversi metri nella  terraferma, è molto sottile. Pochi metri sotto c’è la grotta. «I camion  non dovrebbero sostare lì, né tantomeno transitare…», osserva  preoccupato il geologo Caniparoli, che ci accompagna in un nuovo  sopralluogo sull’isola insieme alla collega Roberta Badaloni e alla  troupe del tg1. «Il transito continuo di mezzi pesanti, che peraltro in  questa zona è continuo a causa della presenza del molo commerciale al  termine della strada, provoca delle vibrazioni pericolose per lo strato  di roccia. I costoni delle grotte non sono idonei a sopportare un  continuo e costante transito di mezzi pesanti. Così facendo, si accelera  decisamente l’usura del territorio e potrebbero avvenire delle fratture  nel tufo per l’eccessivo carico e produrre crolli più o meno  significativi. Lì la strada, o meglio questa specie di strada, secondo  me non ci dovrebbe proprio essere».

Un rischio, quindi, a detta dell’esperto, non solo per chi transita ma  anche per chi si trova sotto al costone, ad appena pochi metri dalla  spiaggia. Siamo a non più di cinquanta metri dal luogo dove il 20 aprile  scorso morirono tragicamente due ragazze, colpite da una caduta di  massi. E mentre la zona del dramma non era segnata in rosso sulle mappe  del rischio idrogeologico, quella dove s’inerpica la stradina invece lo  è: “Area a pericolo elevato di categoria B”, secondo l’Autorità di  bacino. Un dato che non può che destare preoccupazioni. Specie alla luce  delle parole del segretario generale dell’Autorità dei bacini regionali  del Lazio, Bruno Placidi. Che, all’indomani della tragedia, nel corso  della trasmissione Mi manda Rai Tre affermò: «La spiaggia di  Cala Rossano (dove morirono Sara Panuccio e Francesca Colonnello, ndr)  non sembrava a rischio ma, a fatto avvenuto, bisogna ammettere che  evidentemente gli strumenti di analisi dell’Autorità di Bacino non sono  stati sufficienti». Insomma: i dati sulla pericolosità andrebbero  aggiornati. Perché, osserva Riccardo Caniparoli, «il territorio non è  statico ma dinamico, nel tempo e nello spazio». Ma se una zona che non  era considerata a rischio poi nei fatti si è dimostrata tragicamente  tale, perché per una già inclusa in una zona di pericolo si continuano a  riprodurre situazioni di rischio potenziale, come il transito di camion  che trasportano anche cisterne di carburante? E perché non c’è nemmeno  un cartello che avvisa del pericolo i bagnanti che decidono di camminare  sul bagnasciuga appena pochi metri più sotto? «Ma noi qui sappiamo dove  non andare perché è rischioso», risponde un operatore turistico del  luogo, intento ad accogliere i visitatori che, nel giorno di San Pietro e  Paolo, patroni di Roma, affollano in gran numero Ventotene.

Forse l’isolano lo sa, ma un turista o un ragazzino no. E quantomeno un  cartello, posto ben in evidenza, potrebbe indurre maggiore cautela. A  tutti. Sull’isola sono in corso poderosi interventi di messa in  sicurezza, come nel caso della bella cala Rossano, dove sono state  installate delle grandi, e molto visibili, reti antifrana e rimodellato  un costone. Interventi, giudicati da Caniparoli «troppo invasivi e non  risolutivi», che avranno impegnato fondi per centinaia di migliaia di  euro. Ma di delimitazioni o cartelli che avvertono della presenza di  aree a rischio frana, dal costo enormemente più basso, ancora se ne  vedono pochi. Troppo pochi. Con l’estate alle porte, il numero di  turisti aumenta esponenzialmente. Anzi, di più. «Qui ci sono troppi  turisti, e le spiagge sono poche», osserva l’esperto, «e quindi il  pericolo che qualcuno si spinga a fare il bagno in zone pericolose è  molto alto». A maggior ragione, per prevenire nuove tragedie la prudenza  non è mai troppa. E a volte basterebbero davvero pochi euro e un po’ di  buonsenso.


1 luglio 2010

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