I conti di Milano? Tutto bene, grazie. «Lascio in eredità alla prossima amministrazione un 2011 in attivo per 48 milioni» ha garantito Letizia Moratti, quasi a voler mettere le mani avanti. Peccato che il (presunto) utile di quest’anno sia la ciliegina sulla torta di cinque anni di finanza creativa che rischiano di trasformarsi in un pericolosissimo boomerang. Una voragine da 700 milioni nei conti 2012 della città. I buchi del bilancio di Milano – scrivono come grilli parlanti i revisori dei conti in calce al rendiconto 2010 – sono stati tappati nell’era Moratti solo da «operazioni straordinarie» e da entrate una tantum Risultato? «La finanza meneghina versa in una situazione di particolare gravità»: i gioielli di famiglia sono stati venduti, i patrimoni delle municipalizzate spolpati a colpi di dividendi straordinari. E lo scenario per il prossimo anno è da incubo: un «disequilibrio di parte corrente» (leggi buco) di 500 milioni nel 2012, scrivono i documenti interni del Comune, pari al 20 per cento delle entrate municipali. Voragine che rischia di salire a 700 milioni per rispettare i paletti rigidissimi del patto di stabilità. L’allarme è rosso: martedì scorso i revisori dei conti del Comune – organo indipendente e di garanzia – avrebbero chiesto un incontro d’urgenza con i vertici dell’amministrazione uscente dopo il primo esame del preventivo 2011. Altro che 48 milioni di utili: dai dati parziali emergerebbero andamenti negativi delle entrate e per i saldi utili a raggiungere gli obiettivi del patto di stabilità. Una situazione che rischia di trasformare la bomba a orologeria del bilancio nella priorità assoluta della nuova giunta. L’eredità “avvelenata” della politica di bilancio dell’era Moratti, del resto, era già scritta nero su bianco nei rendiconti degli ultimi esercizi. Certo il sindaco ha dovuto fare i conti con il taglio dei trasferimenti dello Stato, dai 559 milioni del 2008 ai 476 del 2010. Ma la sua risposta è stata semplice: nascondere la polvere sotto il tappeto. Rinviando il problema al domani e mettendo mano all’argenteria di casa per far quadrare il risultato finale. Il bilancio 2010 è una fotografia fedele di questa schizofrenia contabile: la gestione corrente del Comune (il saldo delle entrate e delle uscite necessarie per far funzionare Palazzo Marino e garantire servizi ai cittadini) è stato negativo per 25 milioni.
Ma il conto economico finale è in attivo di 66 milioni. Merito di un esercizio di illusionismo a base di una tantum: 35,5 milioni di dividendo straordinario Atm, 30 milioni messi a bilancio il 31 dicembre grazie al varo del secondo fondo immobiliare del Comune, qualche altra decina di milioni materializzati grazie a nuovi criteri di calcolo sul contratto Amsa. Soldi che non sono andati solo a finanziare gli investimenti, ma pure le necessità quotidiane. La macchina dell’amministrazione ha divorato 88,5 milioni derivati da contributi per permesso di costruire e 37,7 milioni generati dalle vendite di case (tra cui l’area di via Torino 29).
Il problema è che lo stesso copione andrà in onda i prossimi anni. Prendiamo il 2011, quello dei gloriosi 48 milioni di utili. A questo risultato si arriva spremendo come un limone la Sea (124 milioni di dividendi straordinari garantiti dalla quotazione e sottratti agli investimenti sugli aeroporti), vendendo la quota nella Milano-Serravalle (170 milioni già messi tra le entrate), cedendo immobili (valore previsto 10 milioni) già rimasti invenduti in quattro aste e con tagli alle spese correnti per 54 milioni di cui solo 28 – ammette con sincerità persino la Moratti – sono già stati individuati. Peccato che si dia per scontato ciò che scontato non è. Cosa succederà se la Sea non riuscirà ad andare in Borsa (è già successo nel 2001)? E se nessuno vorrà pagare 170 milioni per una quota di minoranza nella Serravalle? Risposta: i 48 milioni di profitti si traducono subito in un bilancio in rosso.
«Non si può ricorrere alla finanza straordinaria per raggiungere gli equilibri di bilancio», scrivono inascoltati i revisori dei conti. Loro vorrebbero che le entrate fiscali e i trasferimenti dello Stato fossero sufficienti per far funzionare Palazzo Marino. E che i dividendi delle controllate – cui Moratti ha cavato sangue (539 milioni in quattro anni) – servissero per gli investimenti. Un’illusione. Per arrivare ai 48 milioni di profitto del 2011 è necessario ritardare i pagamenti ai fornitori per 41 milioni, vendere sedi del Comune per 57 milioni, posticipare a dopo dicembre i contributi per le controllate (altri 137 milioni).enza contare che senza decreti attuativi del Pgt rischiano di sparire i 170 milioni di entrate come oneri di urbanizzazione. Una soluzione per il 2011 si può trovare, dicono nel team di Pisapia. Il problema è che da vendere non c’è più niente. E nel 2012 matureranno le spese rinviate nel 2011 e caleranno di 97 milioni i trasferimenti dello Stato. Far quadrare i conti non sarà facile. Specie con un governo che – dopo aver promesso 110 milioni di nuovi trasferimenti a Moratti in campagna elettorale per garantire la cancellazione delle multe e dell’Ecopass – potrebbe decidere di non essere altrettanto magnanimo con la giunta che ha calato il sipario su 19 anni di amministrazione del centrodestra a Milano.
Il problema è che lo stesso copione andrà in onda i prossimi anni. Prendiamo il 2011, quello dei gloriosi 48 milioni di utili. A questo risultato si arriva spremendo come un limone la Sea (124 milioni di dividendi straordinari garantiti dalla quotazione e sottratti agli investimenti sugli aeroporti), vendendo la quota nella Milano-Serravalle (170 milioni già messi tra le entrate), cedendo immobili (valore previsto 10 milioni) già rimasti invenduti in quattro aste e con tagli alle spese correnti per 54 milioni di cui solo 28 – ammette con sincerità persino la Moratti – sono già stati individuati. Peccato che si dia per scontato ciò che scontato non è. Cosa succederà se la Sea non riuscirà ad andare in Borsa (è già successo nel 2001)? E se nessuno vorrà pagare 170 milioni per una quota di minoranza nella Serravalle? Risposta: i 48 milioni di profitti si traducono subito in un bilancio in rosso.
«Non si può ricorrere alla finanza straordinaria per raggiungere gli equilibri di bilancio», scrivono inascoltati i revisori dei conti. Loro vorrebbero che le entrate fiscali e i trasferimenti dello Stato fossero sufficienti per far funzionare Palazzo Marino. E che i dividendi delle controllate – cui Moratti ha cavato sangue (539 milioni in quattro anni) – servissero per gli investimenti. Un’illusione. Per arrivare ai 48 milioni di profitto del 2011 è necessario ritardare i pagamenti ai fornitori per 41 milioni, vendere sedi del Comune per 57 milioni, posticipare a dopo dicembre i contributi per le controllate (altri 137 milioni).enza contare che senza decreti attuativi del Pgt rischiano di sparire i 170 milioni di entrate come oneri di urbanizzazione. Una soluzione per il 2011 si può trovare, dicono nel team di Pisapia. Il problema è che da vendere non c’è più niente. E nel 2012 matureranno le spese rinviate nel 2011 e caleranno di 97 milioni i trasferimenti dello Stato. Far quadrare i conti non sarà facile. Specie con un governo che – dopo aver promesso 110 milioni di nuovi trasferimenti a Moratti in campagna elettorale per garantire la cancellazione delle multe e dell’Ecopass – potrebbe decidere di non essere altrettanto magnanimo con la giunta che ha calato il sipario su 19 anni di amministrazione del centrodestra a Milano.
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