Rivendico la dignità di vivere
Di Giandiego Marigo (poesia dell'autore)
Vi ricordate STAVOLTA FACCIO SUL SERIO che ho scritto all’inizio di agosto?
Eccomi a richiamare nuovamente la vostra attenzione, per confessarvi d'essere commosso ed emozionato. Non mi aspettavo tanta solidarietà, davvero! Mi ha colto impreparato per la quantità, ma anche e soprattutto per la sua qualità
A tutti questi miei amici, vecchi e nuovi, voglio dire GRAZIE!
In un Paese sempre più sordo alle ragioni dei deboli, che ritiene normale una regia da reality anche nella vita quotidiana, persino nella rivendicazione dei diritti, è sempre più importante ricordare e ribadire che la dignità del vivere non è un valore trattabile.
Sulle povertà questo governo, questo sistema, questo potere tacciono, omettono, fanno finta di nulla, oppure raccontano storie del tutto ipotetiche e inventate. Spesso su questo argomento non esiste nemmeno la necessità di individuare una collocazione “politica” di questo disinteresse, di questa sottovalutazione. La tendenza a mentire ad omettere ed a dimenticare sono assolutamente trasversali.
Le testimonianze che ho ricevuto, io e i miei amici con me, sono spesso toccanti, storie di abbandono, dimenticanza, di accanimento e di disperazione, storie in cui la legge, spesso, diviene un'arma che funziona solo contro chi non si può difendere.
Nel mio caso specifico, io sono riuscito a fare rumore, ho il dono della parola e della scrittura, con me hanno sbagliato buco, si suol dire.
Ho saputo urlare, chiedere aiuto, farmi sentire!
Però sopra il danno ora si unisce la beffa, dopo avermi bloccato l'assegno l'INPS, pur avendo a suo tempo ricevuto i RED necessari alle verifiche mi chiede la restituzione di 5.513 euro, perché fra il 2008 ed il 2010 ho lavorato per ben otto mesi, ma per carità sono disponibili anche alla rateazione. Molto umani!
Li chiedono a me che sono aiutato dal comune perché non ho sostentamento e che sono invalido all'80%, me li chiedono adesso, che non ho nemmeno il minimo.
Un lumicino, però, si è acceso. Devo riconoscerlo
Il mio comune di residenza, Codogno, con estrema disponibilità e con coraggio, raro di questi tempi, è intervenuto a porre riparo all'assoluta emergenza, assegnandomi momentaneamente un mini-assegno della medesima entità di quello dell'INPS e mobilitandosi in prima persona come referente istituzionale verso privati, provincia e regione per trovarmi un lavoro attraverso le liste.
Lo ringrazio e speriamo che io possa tornare a lavorare per guadagnarmi dignitosamente di che vivere, perché è questo ciò che chiedo.
Quasi tutti, amici vecchi e nuovi, mi hanno sollecitato a non fare un gesto carico, forse, di significato, ma molto pericoloso per me come lo sciopero della fame.
Per ora lo sospendo perché sarebbe scorretto cercare inutilmente il protagonismo in una contrapposizione ad oltranza. Aspetterò quindi, per quanto mi riguarda personalmente, pronto nel caso occorresse attivare quanto ora sospeso.
Sarebbe stupido, però, sprecare un patrimonio di solidarietà e di attenzione che dal particolare vorrei che guardasse il generale.
Innanzi tutto perché nulla è realmente risolto, ma solo illuminato, momentaneamente messo in evidenza, il che è già qualche cosa, ma non basta. Quanti non hanno voce? Quanti non sono in grado, quanti subiscono, quanti sono sotto la soglia di povertà?
Non possiamo continuare a non parlarne a fingere che la tematica non esista.
Perchè l'origine del problema è ancora lì tale e quale, la mia personale situazione è solo la punta di un iceberg di dimensioni mostruose che deve venire alla luce.
Ho raccontato la mia storia, soprattutto per questo e non per mire di protagonismo.
Garantisco, per chi malignamente accarezzasse questo sospetto, come non si ricavi alcun piacere dall'essere al centro dell'attenzione a causa della propria povertà personale: soggetto a compassione o peggio additato silenziosamente, con un mezzo sorriso perché sei quello senza un euro finito sul giornale e sui blog, il fallito, in fondo, quello che non ce l'ha fatta.
Sì, viviamo in un contesto sociale dove conta l’apparire e non l’essere, dove il valore di una persona si misura con il conto in banca, magari estera e con i beni materiali e non per quello che si è come persona; dove conta l’arrivismo e non la solidarietà umana.
Se riuscirò a fare in modo che molti si interessino alle vicende che in questo paese toccano gli ultimi, gli invalidi, i soli, i diseredati, che in questo momento diventano anche i rifiutati, i senza lavoro, i cassintegrati, i precari, avrò fatto qualche cosa di importante, io che non ho più nulla.
Certo non sono il rappresentante di ogni “emarginato” di questa nazione, ma sicuramente la mia esperienza e quella di molti altri ha portato in luce alcune necessità che non devono cadere nel dimenticatoio.
Penso, per esempio, alla necessità di modificare ed umanizzare i parametri che definiscono per l'INPS e per lo Stato, il criterio di povertà e di necessità.
Penso alla necessità di adeguare a criteri “vivibili” la cifra degli assegni di invalidità, assolutamente irrisoria e ridicola, di affrontare, finalmente e in modo consono, l'argomento spinoso degli ammortizzatori sociali per tutti i “non garantiti” come i molti lavoratori precari, atipici e a tutte quelle situazioni non riconosciute.
Penso anche all’ottenimento del reddito di cittadinanza; unico mezzo per garantire reale equità e dignità del vivere.
Penso a rendere attiva la Costituzione, dove nell’articolo 3 sancisce che:
“ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale … E’compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
nell’articolo 4: “ La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”.
Propongo, quindi, ai tanti che mi sono stati vicini e che mi hanno dato la loro solidarietà, di lavorare insieme, cercare giuristi, politici, associazioni e quanti possano aiutarci per proporre modifiche alle leggi vigenti che tolgono la dignità del vivere ai più deboli, anche attraverso una raccolta di firme per una Proposta di Legge Popolare sul tema delle nuove povertà, ignorate e non raccontate, ma che di anno in anno aumentano in questa nazione e sono senza voce raccogliendo, durante il percorso, testimonianze come documentazione ed a supporto dell’iniziativa.
POVERTA'
Come vi si racconta povertà?
Non c'è, sapete. nessuna nobiltà
in denti rotti in bocca
né sdegnoso distacco, nel non aver vestiti
non Valentino vestito di nuovo
nessuna brocca di biancospino
nessuna tenerezza, né dolcezza
non né mediazione o compromesso
non c'è molta poesia nella paura!
La compassione poi dà persin fastidio
non c'è gloria in una camera ammuffita
in un armadio di vestiti smessi
tutti più larghi o stretti
di quanto poi non serva.
Tutti vecchi e dismessi
tutti che ti qualificano
poi, per quel che sei
nessuno e niente.
Fuori dal tempo, inelegante, povero!
Non c'è nulla di epico
nel perder casa, nel non averla affatto
nel non veder futuro!
Non c'è interesse in voi,
che fate solo finta, d'ascoltare.
Nulla di eroico o di spirituale
ed è persin difficile da dire.
Nessun piacere si prova
nel narrare d'impotenza e dolore
Non c'è interesse, certo in chi t'ascolta
non è una bella storia
non c'è pathos, poca o nulla suspance
si rappresenta solo il fallimento
morta speranza
fa solo un po' paura, nulla di bello.
Come posso spiegarvi umiliazione
se non ci son parole,
se non c'è il modo giusto a raccontare.
Se a volte è impossibile ascoltare?
Come posso spiegarvi
il rinunciare alla socialità
per la vergogna, della tua bocca
del tuo vestito vecchio e stretto
di anni ed anni...in cui
hai disimparato a stare insieme
per te è normale il scegliere
un vestito, per uscire di nuovo
questa sera
chi sono io...il pezzente
per dire a te che no!
non è normale, anzi è dolore
e persino umiliazione?
Vi ricordate STAVOLTA FACCIO SUL SERIO che ho scritto all’inizio di agosto?
Eccomi a richiamare nuovamente la vostra attenzione, per confessarvi d'essere commosso ed emozionato. Non mi aspettavo tanta solidarietà, davvero! Mi ha colto impreparato per la quantità, ma anche e soprattutto per la sua qualità
A tutti questi miei amici, vecchi e nuovi, voglio dire GRAZIE!
In un Paese sempre più sordo alle ragioni dei deboli, che ritiene normale una regia da reality anche nella vita quotidiana, persino nella rivendicazione dei diritti, è sempre più importante ricordare e ribadire che la dignità del vivere non è un valore trattabile.
Sulle povertà questo governo, questo sistema, questo potere tacciono, omettono, fanno finta di nulla, oppure raccontano storie del tutto ipotetiche e inventate. Spesso su questo argomento non esiste nemmeno la necessità di individuare una collocazione “politica” di questo disinteresse, di questa sottovalutazione. La tendenza a mentire ad omettere ed a dimenticare sono assolutamente trasversali.
Le testimonianze che ho ricevuto, io e i miei amici con me, sono spesso toccanti, storie di abbandono, dimenticanza, di accanimento e di disperazione, storie in cui la legge, spesso, diviene un'arma che funziona solo contro chi non si può difendere.
Nel mio caso specifico, io sono riuscito a fare rumore, ho il dono della parola e della scrittura, con me hanno sbagliato buco, si suol dire.
Ho saputo urlare, chiedere aiuto, farmi sentire!
Però sopra il danno ora si unisce la beffa, dopo avermi bloccato l'assegno l'INPS, pur avendo a suo tempo ricevuto i RED necessari alle verifiche mi chiede la restituzione di 5.513 euro, perché fra il 2008 ed il 2010 ho lavorato per ben otto mesi, ma per carità sono disponibili anche alla rateazione. Molto umani!
Li chiedono a me che sono aiutato dal comune perché non ho sostentamento e che sono invalido all'80%, me li chiedono adesso, che non ho nemmeno il minimo.
Un lumicino, però, si è acceso. Devo riconoscerlo
Il mio comune di residenza, Codogno, con estrema disponibilità e con coraggio, raro di questi tempi, è intervenuto a porre riparo all'assoluta emergenza, assegnandomi momentaneamente un mini-assegno della medesima entità di quello dell'INPS e mobilitandosi in prima persona come referente istituzionale verso privati, provincia e regione per trovarmi un lavoro attraverso le liste.
Lo ringrazio e speriamo che io possa tornare a lavorare per guadagnarmi dignitosamente di che vivere, perché è questo ciò che chiedo.
Quasi tutti, amici vecchi e nuovi, mi hanno sollecitato a non fare un gesto carico, forse, di significato, ma molto pericoloso per me come lo sciopero della fame.
Per ora lo sospendo perché sarebbe scorretto cercare inutilmente il protagonismo in una contrapposizione ad oltranza. Aspetterò quindi, per quanto mi riguarda personalmente, pronto nel caso occorresse attivare quanto ora sospeso.
Sarebbe stupido, però, sprecare un patrimonio di solidarietà e di attenzione che dal particolare vorrei che guardasse il generale.
Innanzi tutto perché nulla è realmente risolto, ma solo illuminato, momentaneamente messo in evidenza, il che è già qualche cosa, ma non basta. Quanti non hanno voce? Quanti non sono in grado, quanti subiscono, quanti sono sotto la soglia di povertà?
Non possiamo continuare a non parlarne a fingere che la tematica non esista.
Perchè l'origine del problema è ancora lì tale e quale, la mia personale situazione è solo la punta di un iceberg di dimensioni mostruose che deve venire alla luce.
Ho raccontato la mia storia, soprattutto per questo e non per mire di protagonismo.
Garantisco, per chi malignamente accarezzasse questo sospetto, come non si ricavi alcun piacere dall'essere al centro dell'attenzione a causa della propria povertà personale: soggetto a compassione o peggio additato silenziosamente, con un mezzo sorriso perché sei quello senza un euro finito sul giornale e sui blog, il fallito, in fondo, quello che non ce l'ha fatta.
Sì, viviamo in un contesto sociale dove conta l’apparire e non l’essere, dove il valore di una persona si misura con il conto in banca, magari estera e con i beni materiali e non per quello che si è come persona; dove conta l’arrivismo e non la solidarietà umana.
Se riuscirò a fare in modo che molti si interessino alle vicende che in questo paese toccano gli ultimi, gli invalidi, i soli, i diseredati, che in questo momento diventano anche i rifiutati, i senza lavoro, i cassintegrati, i precari, avrò fatto qualche cosa di importante, io che non ho più nulla.
Certo non sono il rappresentante di ogni “emarginato” di questa nazione, ma sicuramente la mia esperienza e quella di molti altri ha portato in luce alcune necessità che non devono cadere nel dimenticatoio.
Penso, per esempio, alla necessità di modificare ed umanizzare i parametri che definiscono per l'INPS e per lo Stato, il criterio di povertà e di necessità.
Penso alla necessità di adeguare a criteri “vivibili” la cifra degli assegni di invalidità, assolutamente irrisoria e ridicola, di affrontare, finalmente e in modo consono, l'argomento spinoso degli ammortizzatori sociali per tutti i “non garantiti” come i molti lavoratori precari, atipici e a tutte quelle situazioni non riconosciute.
Penso anche all’ottenimento del reddito di cittadinanza; unico mezzo per garantire reale equità e dignità del vivere.
Penso a rendere attiva la Costituzione, dove nell’articolo 3 sancisce che:
“ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale … E’compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
nell’articolo 4: “ La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”.
Propongo, quindi, ai tanti che mi sono stati vicini e che mi hanno dato la loro solidarietà, di lavorare insieme, cercare giuristi, politici, associazioni e quanti possano aiutarci per proporre modifiche alle leggi vigenti che tolgono la dignità del vivere ai più deboli, anche attraverso una raccolta di firme per una Proposta di Legge Popolare sul tema delle nuove povertà, ignorate e non raccontate, ma che di anno in anno aumentano in questa nazione e sono senza voce raccogliendo, durante il percorso, testimonianze come documentazione ed a supporto dell’iniziativa.
POVERTA'
Come vi si racconta povertà?
Non c'è, sapete. nessuna nobiltà
in denti rotti in bocca
né sdegnoso distacco, nel non aver vestiti
non Valentino vestito di nuovo
nessuna brocca di biancospino
nessuna tenerezza, né dolcezza
non né mediazione o compromesso
non c'è molta poesia nella paura!
La compassione poi dà persin fastidio
non c'è gloria in una camera ammuffita
in un armadio di vestiti smessi
tutti più larghi o stretti
di quanto poi non serva.
Tutti vecchi e dismessi
tutti che ti qualificano
poi, per quel che sei
nessuno e niente.
Fuori dal tempo, inelegante, povero!
Non c'è nulla di epico
nel perder casa, nel non averla affatto
nel non veder futuro!
Non c'è interesse in voi,
che fate solo finta, d'ascoltare.
Nulla di eroico o di spirituale
ed è persin difficile da dire.
Nessun piacere si prova
nel narrare d'impotenza e dolore
Non c'è interesse, certo in chi t'ascolta
non è una bella storia
non c'è pathos, poca o nulla suspance
si rappresenta solo il fallimento
morta speranza
fa solo un po' paura, nulla di bello.
Come posso spiegarvi umiliazione
se non ci son parole,
se non c'è il modo giusto a raccontare.
Se a volte è impossibile ascoltare?
Come posso spiegarvi
il rinunciare alla socialità
per la vergogna, della tua bocca
del tuo vestito vecchio e stretto
di anni ed anni...in cui
hai disimparato a stare insieme
per te è normale il scegliere
un vestito, per uscire di nuovo
questa sera
chi sono io...il pezzente
per dire a te che no!
non è normale, anzi è dolore
e persino umiliazione?
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