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22.11.09

CONFLITTO D'INTERESSE E DIGITALE TERRESTRE

Il nuovo mostro: LaRaiSet

Avremmo dovuto capirlo nel 2006 quale sarebbe stata l'evoluzione del conflitto di interessi, quando il governo Berlusconi finanziò con fondi pubblici l'acquisto di decoder (di produzione della Solaris, proprietario del fratello Paolo) per la diffusione del digitale terrestre.

All'alba dello spegnimento del sistema televisivo analogico, il presidente del consiglio non ha più remore: il digitale terrestre è diventato terreno di conquista dell'etere con l'obiettivo di annichilire la concorrenza, rappresentata non più dalla Rai ormai piegata da anni di corrosione negli acidi berlusconiani, ma da Sky, azienda di Rupert Murdoch, magnate del satellitare.
Archiviati i manierismi, si è arrivati alla prima bordata a novembre quando il primo pacchetto anticrisi del governo ha imposto l'aumento dell'Iva al 20% per le tv satellitari, proprio quando il governo Brown, per arginare la crisi, la diminuiva. A settembre sarebbe previsto un secondo intervento del governo a favore di Mediaset, per risollevare le sorti dell'azienda proprio lì dove risulta da tempo carente: un provvedimento del Viceministro Romani che diminuisca il tetto pubblicitario per le tv con canone (Rai) o abbonamento (Sky). Questo è solo l'inizio.
Infatti, la vera genialità del pubblicitario che alberga nel premier si esprime nella neonata Tivùsat.
Si tratta di una nuova cordata che nasce dall'unione di Rai (48%) Mediaset (48%) e Telecom media (La7) (4%) che ha come obiettivo la conquista del mercato satellitare.

C'è da riflettere: quelli che nel mercato della tv analogica sono concorrenti, si uniscono per dominare un nuovo mercato con l'intento - nemmeno tanto celato - di affondare Sky.

A margine della nascita del "mostro digitale" c'è la trattativa Rai-Sky, per definire la permanenza o l'uscita della Rai dal pacchetto Sky, contravvenendo peraltro al principio della neutralità tecnologica, per cui i canali pubblici dovrebbero essere presenti in chiaro in ogni settore.
Quello che stiamo vendendo nascere è un conflitto di interessi all'ennesima potenza: una piattaforma satellitare dominata dal padrone di Mediaset, Presidente del Consiglio e controllore dell'emittente pubblica.

Inutile chiedersi dove finiranno la libertà di stampa e di espressione, la garanzia del pluralismo dell'informazione.
Tutto schiacciato sotto gli affari privati di Silvio Berlusconi, che ancora una volta utilizza la tv pubblica, stavolta come testa d'ariete, per affossare il concorrente dell'azienda di casa e contemporaneamente assumere il controllo capillare del nuovo panorama digitale dal primo di agosto.
Gli indizi a favore della tesi appena esposta sono molteplici.

Il direttore di Tivùsat è Alberto Sigismondi, ex direttore dei contenuti digitali di Mediaset.
Davide Bogi, proveniente dal settore Marketing di Mediaset è direttore marketing di Tivù.
L'associazione DGTVi, che ha lo scopo di promuovere la transizione da analogico a digitale, e ha come soci Rai, Mediaset, Telecom, Aeranti Corallo, ha per presidente Andrea Ambrogetti, già Direttore delle relazioni istituzionali Italia Mediaset.

Con il digitale terrestre si libererà un corposo numero di frequenze, che potrebbero essere utilizzate per la banda larga, direzione intrapresa da tutta Europa, ma per ora l'Italia ha deciso di non investire in questo senso, dando tutte le frequenze alle sole tv.

A sancirlo è una delibera dell'AGCOM, che destato perplessità nel commissario Nicola D'Angelo, che ha infatti dichiarato all'Espresso: "Io e Sebastiano Sortino siamo stati i soli ad aver votato contro. Siamo contrari perché si stabilisce che ci sarà una gara, non un'asta vera e propria, per assegnare le frequenze liberate, inquadrate in cinque multiplex, e perché potranno parteciparvi solo le tv. Di conseguenza, non resta nessuna frequenza libera per i servizi innovativi in banda larga e si lasciano intatti gli attuali rapporti di forza televisivi, senza spazio per il nuovo".

Come se tutto questo non bastasse, l'ultimo atto della vicenda Rete4 - Europa7 si è consumato ai danni di Rai uno, che ha dovuto cedere le proprie frequenze per fare spazio al canale di Di Stefano, che ovviamente non potrà accettare di entrare nel mercato analogico in vista del suo prossimo tramonto.

Di fronte al rischio della "strategia della tenaglia" che Berlusconi ha escogitato ai danni di Sky, pensando di poter utilizzare la Rai come se fosse a sua esclusiva disposizione, è stata presentata dal sottoscritto, capogruppo in Vigilanza Rai di Idv, una risoluzione in cui la commissione invia degli "indirizzi" alla Rai.
I punti cardine sono elementari: via i partiti dalla Rai. Via le appendici di Mediaset. No all'utilizzo della Rai per la costruzione di un mostro oligopolista. No agli sprechi per il passaggio al digitale.

fonte 

Il piano della P2 (PDF) 


Luciana P. Pellegreffi

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