STORIA DI UN DETENUTO DA NULLA
Probabile che il nome Sami Mbarka Ben Gargi, non vi dica nulla. Invece dovrebbe. Era detenuto nel carcere di Pavia.
E’ morto in ospedale rifiutando cibo e acqua il 5 settembre scorso. Era tunisino, aveva 41 anni, chiedeva la revisione del suo processo. Ha iniziato lo sciopero della fame e della sete il 16 luglio. Secondo il suo avvocato “non ha mai perso lucidità” e la sua forma di estrema protesta l’ha praticata in piena consapevolezza fino alla fine, diventando il ventottesimo suicidio che dall’inizio dell’anno insanguina le carceri italiane, dove oggi vivono ammassati 64 mila detenuti in uno spazio che dovrebbe contenerne 20 mila di meno.
Sami è morto solo come un cane. Anzi peggio. Perché se fosse stato un cane, forse qualche compassionevole associazione di animalisti avrebbe protestato e si sarebbe battuta per la sua vita, come accade a certe fortunate specie di uccelli, ai delfini e alle balene. Invece era solo un tunisino, di quelli che ogni tanto, d’estate, lasciamo annegare nel Canale di Sicilia oppure riaccompagniamo nei lager dei nostri alleati libici a finir di morire.
Se fosse stato un uomo in carne e ossa, magari un cristiano con il diritto alla vita incorporato, ci sarebbe stato il fior fiore delle associazioni religiose pronte a mobilitarsi per la sua salvezza. A presidiare anche di notte l’ospedale di Pavia dove stava crepando con cartelli pro vita, candele, canti e pianti. Sarebbero scesi in campo tutti, i teo con e i teo senza, compreso quel galantuomo di Dino Boffo, l’ex direttore di Avvenire che per difendere la vita di una tale Eluana, aveva insultato perfino il padre, il signor Englaro, chiamandolo assassino.
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Ho ricevuto questa e-mail rigiratami da un amico, ma strada facendo si è perso l'autore e non sono riuscita a rintracciarlo. Prego lui/lei stesso/a o chi lo conoscesse di comunicarmelo così da completare il post, grazie.
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I compagni di carcere di Sani Mbarka Ben Garci, il quarantaduenne tunisino lasciatosi morire di fame nel carcere di Pavia, scrivono al legare dell’uomo, l’avvocato Aldo Egidi, e in una lettera pubblicata dalla Provincia Pavese, denunciano di aver assistito alla lunga agonia del nordafricano: “una morte – si legge nella lettera – lenta e umiliante, come di un prigioniero in un campo di concentramento”.
Accuse respinte dalla direttrice del penitenziario, Iolanda Vitale, che replica: “Nel nostro istituto vengono rispettate la dignità e i diritti delle persone, detenuti che hanno vissuto con il loro compagno fino alla fine possono testimoniare come siano stati i suoi ultimi giorni. Sulla vicenda è stata aperta una indagine della procura di Pavia con l'ipotesi di omicidio colposo. (fonte)
Pavia, rifiutava il cibo dalla meta' di luglio. è deceduto il 5 settembre. La beffa: ieri notificato uno sconto di pena (fonte).
Luciana P. Pellegreffi
Accuse respinte dalla direttrice del penitenziario, Iolanda Vitale, che replica: “Nel nostro istituto vengono rispettate la dignità e i diritti delle persone, detenuti che hanno vissuto con il loro compagno fino alla fine possono testimoniare come siano stati i suoi ultimi giorni. Sulla vicenda è stata aperta una indagine della procura di Pavia con l'ipotesi di omicidio colposo. (fonte)
Pavia, rifiutava il cibo dalla meta' di luglio. è deceduto il 5 settembre. La beffa: ieri notificato uno sconto di pena (fonte).
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