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22.2.11

DELITTO VERBANO: SI RIAPRE IL CASO DOPO 31 ANNI, PISTA NERA


Dopo 31 anni due nomi e la pista nera.
Lo studente di sinistra du ucciso in casa da un commando vicino ai Nar. Nell'archivio del ragazzo i nomi degli indiziati: militanti di destra, avevano già colpito. Il primo uomo vive da tempo all'estero, il secondo è un insospettabile professionista.
di CARLO BONINI

ROMA - L'omicidio di Valerio Verbano è un caso che si riapre. E la fuga di almeno due dei suoi tre carnefici, forse sta per finire. Consegnando innanzitutto a chi è stata condannata a sopravvivere a quel lutto - Carla Zappelli, 87 anni, la madre di Verbano, suo unico figlio - una "verità" in grado di chiudere una delle più simboliche, disumane e insolute pagine di sangue della storia della violenza politica del nostro Paese. A trentuno anni esatti dall'esecuzione del diciannovenne militante della sinistra extraparlamentare (22 febbraio 1980) e dal buio che da allora ne ha avvolto le responsabilità, prende corpo una nuova indagine della procura di Roma (procuratore aggiunto Pietro Saviotti, pm Erminio Amelio) e del Ros dei carabinieri che, dopo ventiquattro mesi di lavoro, colloca al centro della scena del crimine almeno due nuovi indiziati.
Per quel che al momento è possibile ricostruire, due uomini oggi sulla cinquantina, la stessa età che avrebbe avuto la loro vittima se non la avessero giustiziata con un colpo di 38 special alla schiena. Il primo, riparato da tempo all'estero.
L'altro, insospettabile professionista con una vita in Italia. Entrambi, già militanti della destra romana, sconosciuti alle cronache del tempo e - almeno a stare all'ipotesi investigativa - costituiti in un gruppo di fuoco deciso, nel febbraio di quel maledetto 1980, ad accreditarsi, con un cadavere di forte valore simbolico come quello di Valerio Verbano, agli occhi dei neofascisti Nuclei armati rivoluzionari di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro.
Degli indiziati (per altro, al momento, non ancora indagati), esistono dei nuovi identikit (aggiornati rispetto a quelli che vennero disegnati durante le prime indagini) ed è stata pazientemente ricostruita la loro storia di militanza violenta in quel triangolo dell'odio politico che, a Roma, tra la fine dei '70 e l'80, erano diventati i quartieri Trieste-Salario, Talenti, Montesacro. Tra il '76 e l'83 sono nove infatti gli omicidi di matrice politica che hanno come teatro questo quadrante della città. Muoiono Vittorio Occorsio, magistrato; Stefano Cecchetti, studente; Francesco Cecchin, studente; Valerio Verbano; Angelo Mancia, fattorino; Franco Evangelista, poliziotto; Mario Amato, magistrato; Luca Perucci, studente; Paolo Di Nella, studente. In una geografia della violenza che si contende il controllo di marciapiedi, bar, angoli di strada e ha come linee di confine tra "neri" e "rossi", il fiume Aniene e il ponte delle Valli. Che risponde alla logica draconiana del "colpo su colpo", per usare la definizione utilizzata nelle corti d'assise che giudicheranno a metà anni '80 quei fatti di sangue. Secondo la quale, la morte di un "compagno" va lavata con il sangue di un "camerata" e viceversa.
SEGUE

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