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20.10.10

SOSTIENE PINOCCHIO - 8° di 10 - SCUOLA E UNIVERSITA'

Sta per arrivare nelle nostre case una delle copie del "libro" che raccoglie le migliori bugie del pinocchio nazionale.
Una qualche controinformazione va fatta. 
Ripubblichiamo a partire una serie di 10 articoli che sono stati scritti nel maggio di quest'anno - a due anni esatti dall'insediamento del governo Berlusconi - e pubblicati su Finanzainchiaro.it
Ovviamente alcune considerazioni sono datate perché non vi si è potuto tenere conto degli ultimi sviluppi estivi e di questi giorni. Ma non è l'aggiornamento in tempo reale che ci interessa.
Va chiarito che I Partigiani Nel 3° Millennio non sposano in toto le tesi e le analisi esposte nei testi che vengono proposti e che li offrono, invece, come un contributo informativo organico e di facile lettura.

SCUOLA E UNIVERSITA' di  DANIELE CHECCHI
L’azione governativa si è mossa seguendo l’unica direttrice, dettata dal ministro dell’Economia nel dicembre 2008, del ripianamento del debito pubblico. Questa linea si è articolata diversamente nei settori della scuola e dell’università.
La scuola. Qui, data l’elevata incidenza del costo del personale sul totale della spesa, l’unica strada per produrre un risparmio di spesa era quella del ridisegno dei percorsi scolastici, e a questo ci si è attenuti: la reintroduzione del maestro prevalente nella scuola primaria, la riduzione dell’orario d’insegnamento nella scuola secondaria (sia di primo che di secondo grado), la riduzione degli indirizzi nella scuola secondaria di secondo grado. L’azione del ministro è però stata selettiva nelle riduzioni di spesa, non avendo ridotto il finanziamento alle scuole private “paritarie” e non avendo affrontato il nodo degli insegnanti di sostegno, uno dei canali maggiormente sfruttati dalle direzioni scolastiche regionali per gonfiare gli organici.
Ma ha prodotto nel contempo un aggravio finanziario per le famiglie, attraverso le aumentate richieste di compartecipazione alla spesa (che ha già dato luogo a contenziosi amministrativi). Tuttavia questa strategia non sembra perseguire obiettivi specifici coerenti con la soluzione di uno dei problemi principali del sistema scolastico italiano, ovvero quello del divario dell'apprendimento tra Nord e Sud del paese: non risulta in letteratura che riducendo le ore erogate di lezione o il numero degli insegnanti, l'apprendimento tenda a migliorare. A meno che non si voglia (maliziosamente) interpretare la norma del Collegato-lavoro alla Finanziaria 2010 sulla ammissione dei quindicenni all’apprendistato per l’assolvimento dell’obbligo scolastico come risposta alla minor performance: basta che chi è inadatto alla scuola vada a lavorare. Il ministro aveva anche promesso che un terzo dei risparmi di spesa sarebbe stato reimpiegato per promuovere la professionalità e il merito tra gli insegnanti, ma nulla di questo è stato realizzato. Infine il tema della valutazione, precondizione per una reale politica meritocratica, è rimasto sulla carta, essendo mancato un finanziamento adeguato del piano di valutazione nazionale proposto dall’Invalsi.
L’università. Nel rispetto dell’autonomia degli atenei, la linea di governo si è attuata semplicemente come riduzione del fondo di finanziamento ordinario, in via di progressiva ulteriore riduzione nel triennio 2010-12. È pur vero che una parte del finanziamento 2009 (il 7 per cento) è stato distribuito con criteri collegati alla efficacia della didattica, ma questo è avvenuto senza incidere in misura apprezzabile sull’entità del finanziamento complessivo percepito dagli atenei.
È attualmente in discussione un progetto ambizioso di ridisegno della governance universitaria, delle carriere dei docenti e della organizzazione interna degli atenei, tuttavia molto centrato su deleghe al governo: fatto questo che da un lato rende difficile la previsione dell’esito finale, dall’altro sicuramente allunga i tempi di attuazione. Di nuovo, il tema della valutazione è un tasto dolente: il ministro aveva la possibilità di avviare immediatamente l’Anvur, in quanto già previsto da una legge dello Stato. A due anni e mezzo ancora non è stato fatto quasi nulla, se non emanare il decreto di avvio del prossimo Civr. Nel frattempo, le università hanno fatto ricorso alle poche risorse rimaste, ma i fondi interni per la ricerca sono pressoché azzerati ovunque, senza che la riduzione della didattica erogata, auspicata dal ministro, abbia prodotto alcun margine di manovra.
Complessivamente, nel corso dei due anni trascorsi il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è riuscito a diffondere a tutti i livelli un clima di disorientamento istituzionale, di smarrimento nel corpo docente e di precarietà finanziaria che induce alla smobilitazione e al "si salvi chi può" individuale, distruggendo uno dei presupposti identitari principali (la professionalità del corpo docente) che permettono il buon funzionamento di ogni istituzione educativa, a qualunque livello. Forse era questo l’intento principe del ministro.

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