Sta per arrivare nelle nostre case una delle copie del "libro" che raccoglie le migliori bugie del pinocchio nazionale.
Una qualche controinformazione va fatta.
Ripubblichiamo a partire una serie di 10 articoli che sono stati scritti nel maggio di quest'anno - a due anni esatti dall'insediamento del governo Berlusconi - e pubblicati su Finanzainchiaro.it
Ovviamente alcune considerazioni sono datate perché non vi si è potuto tenere conto degli ultimi sviluppi estivi e di questi giorni. Ma non è l'aggiornamento in tempo reale che ci interessa.
Va chiarito che I Partigiani Nel 3° Millennio non sposano in toto le tesi e le analisi esposte nei testi che vengono proposti e che li offrono, invece, come un contributo informativo organico e di facile lettura.
AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE di ALBERTO COMINO
Il merito iniziale del ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione è stato quello di riportare in cima all’agenda istituzionale l’impegno per la riforma amministrativa. Il programma viene formalizzato in un piano strategico nel maggio 2008 - il “piano industriale per la Pa” - che individua i seguenti obiettivi: riconoscimento del merito, trasparenza, rafforzamento delle funzioni del management pubblico, customer satisfaction, innovazione tecnologica. Sempre nei primi mesi di governo, nell’estate 2008, si adottano le misure di contrasto dell’assenteismo e per la trasparenza. Sull’assenteismo si registra un’effettiva diminuzione del fenomeno (di entità rilevante, anche se i numeri forniti dal ministro provenivano da una autoselezione degli enti più virtuosi).
Tuttavia, sulla trasparenza totale si avvertono i primi segnali di cedimento alle resistenze: la norma per la trasparenza della dirigenza pubblica viene inserita nella prima manovra economica del governo, ma in sede di conversione del decreto legge la disposizione scompare. È l’inizio di un progressivo isolamento dell’azione di riforma amministrativa, cui viene a mancare il necessario forte sostegno dello stesso presidente del Consiglio per superare le prevedibili e diffuse resistenze. L'isolamento dell’azione di riforma, rimessa alle sole forze del ministro, la espone al rischio di ridursi a un cambiamento più annunciato che realizzato.
Non si tratta di un rischio potenziale, ma di battute d’arresto sostanziali: si pensi all’iter parlamentare della legge delega (n. 15 del 2009) e del decreto legislativo (n. 150 del 2009) che escludono dall’applicazione della riforma la presidenza del Consiglio dei ministri. È il sintomo preoccupante dell’incapacità del titolare della Funzione pubblica di imporre la riforma nella stessa amministrazione in cui opera. Oppure alla portata del tutto insufficiente della cosiddetta class action contro le pubbliche amministrazioni e i concessionari pubblici, troppo debole nei meccanismi di tutela degli utenti e inutilmente complicata nelle modalità di attuazione.
E ancora all’evidente ostruzionismo che il ministero dell’Economia e delle finanze esercita sull’attività della Commissione per la valutazione istituita dalla riforma: sono ancora oggi fermi sul tavolo del ministro i decreti che sbloccano il funzionamento dell’autorità indipendente per la trasparenza e la valutazione, istituita dalla legge n. 15/2009, a sei mesi dall’approvazione dei suoi cinque membri da parte del Parlamento con la maggioranza qualificata dei due terzi.
Va inoltre tenuto in considerazione un piano parallelo di eventi che si pone in forte contraddizione con gli obiettivi di trasparenza e performance che la riforma vuole perseguire: è la questione delle gestioni emergenziali collegate alle vicende, anche giudiziarie, della Protezione civile. Lo scandalo sugli appalti mette in luce non solo l’opacità dell’azione amministrativa, sottratta alle regole dell’evidenza pubblica, ma anche come le gestioni derogatorie non garantiscano neppure l’obiettivo di migliori performance.
Meno trasparenza e meno efficienza allo stesso tempo. Attraverso uno schema di deroghe che si è progressivamente ampliato passando dalla gestione delle emergenze, a quella dei grandi eventi, fino alla gestione di eventi che (seppure formalmente definiti “grandi”) appartengono al novero della programmazione e gestione ordinarie.
Per queste ragioni il primo biennio di governo dell’amministrazione lascia ancora in larga parte frustrate le aspettative iniziali – ampiamente condivise ‑ di un impegno tenace nell’innovazione del settore pubblico: la strumentazione per la misurazione della perfomance, il premio del merito, la trasparenza totale, la partecipazione degli utenti alla valutazione rischiano di rimanere sulla carta, senza tramutarsi in pratiche diffuse nelle organizzazioni.
Il rischio è che lo stallo si traduca in un insuccesso che pregiudichi anche i futuri sforzi di cambiamento e che contribuisca ad alimentare la percezione di un settore pubblico strutturalmente inadeguato e irriformabile. Sacrificando, oltretutto, un’analisi più veritiera che dovrebbe far emergere le grandi differenze tra contesti e territori, e spingere a formulare iniziative e proposte differenziate, coerentemente con il quadro di federalismo amministrativo nel quale si muove il paese.
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