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24.10.10

DIPENDENZE, IPOCRISIE E GUADAGNI


Quando si pensa alle “dipendenze” ci vengono in mente quelle legate all’uso di sostanze stupefacenti, di tabacco e di alcool.
Da qualche anno sono stati rilevati come “dipendenze” anche quei comportamenti, apparentemente innocui, come lo shopping, il gioco d’azzardo e l’uso di internet legato a chat o social network, in quanto i meccanismi che generano tali dipendenze sono i medesimi.
La ripetizione di un certo comportamento è legata alla sua produzione di un ritorno positivo o quantomeno compensativo, in termini anche psicologici e la dipendenza si genera con la ripetizione nel tempo di tale comportamento che diviene abitudine sino alla grande difficoltà o impossibilità di farne a meno.
In altri termini, se l’abitudine e il pensiero legato a quell’azione – shopping, chat, gioco d’azzardo, ecc. – diventano predominante nella vita del soggetto, egli acquisisce dipendenza: ripetizione incontrollata di quel comportamento che ha generato gratificazione.
Tale meccanismo, in realtà, è ben noto e studiato per le dipendenze da alcol, stupefacenti e tabacco, e si evolve nel tempo con l’abuso di psicofarmaci, gioco d’azzardo, shopping compulsivo - dove non conta ciò che si acquista, ma gratifica l’acquisto in quanto tale - videogiochi, chat e social network. Il fenomeno legato ad Internet è emerso in passato in quei paesi asiatici a maggior diffusione di tecnologia, dove sono in attività cliniche specializzate per la disassuefazione soprattutto da videogiochi che prevedono, oltre alla cura del soggetto dipendente, anche una terapia del nucleo famigliare; i soggetti coinvolti sono spesso adolescenti o comunque giovani.
In Italia vi è stata negli ultimi anni, una grande diffusione di giochi d’azzardo, lotterie e quant’altro, sponsorizzate dallo Stato e ampiamente pubblicizzate sulle reti televisive in cui si fa leva sul miraggio dell’arricchimento facile e duraturo per la vita e in tempi di crisi è sfondare una porta aperta.

«I giochi con una ricompensa o un risultato immediati presentano maggiori rischi per alcuni soggetti» sottolinea Fea «L'80% delle persone che soffrono di questo disturbo giocano con le video-lottery, le slot-machine e i Gratta-e-vinci, con cui vincita o perdita sono immediate, e che facilmente innescano la ricorsa alla perdita: più si perde più si gioca arrivando a spendere ben oltre le proprie possibilità, segni di una dipendenza in atto».

Non sono poche le famiglie rovinate dal gioco e che finiscono in mano agli usurai e se il fenomeno, come osserva il sociologo Maurizio Fiasco, “non è avvenuto spontaneamente”, ma è frutto di “una rivoluzione storica” che vede cambiata “la mission dei monopoli di Stato”: mentre in passato “il monopolio pubblico dei giochi d’azzardo era una leva per contenerne l’espansione entro i limiti socialmente tollerabili, nel tempo il monopolio dello Stato è servito per estendere incredibilmente il consumo”.
“Lo Stato, per evitare che la criminalità si appropri del meccanismo, può contraddire lo spirito delle leggi sull’usura e sul racket?”. La domanda è stata posta da padre Massimo Rastrelli e mons. Alberto D’Urso, rispettivamente presidente e segretario della Consulta nazionale antiusura durante l’audizione, l’11 gennaio 2007, presso la Commissione Giustizia del Senato sull’esame del disegno di legge n. 217 sulle problematiche dell’usura e del funzionamento e dell’aggiornamento della legge 108/96. Insomma, la febbre per la vincita che “ti cambia la vita” è un problema “non solo morale, ma economico, familiare e pedagogico”. Un problema, quello della dipendenza patologica del gioco d’azzardo, che “arriva a stravolgere i rapporti familiari, sociali, finanziari in una maniera forse ancora troppo poco conosciuta nel nostro Paese”, ricorda lo psicologo-psicoterapeuta Cesare Guerreschi. http://www.agensir.it/sir/fromsir/regioni/azzardo.pdf


Nonostante ciò è sotto gli occhi di chiunque la grande diffusione delle lotterie, macchinette e le intenzioni del ministro Brambilla di aprire casinò ovunque.
Viene in mente l’ipocrisia legata all’alcolismo e al tabagismo che investe e ha investito tutti i governi che abbiamo avuto.
Da un lato lo Stato ha lauti guadagni sulla vendita degli alcolici e del tabacco, dall’altro lancia allarmi per la spesa sanitaria necessaria annualmente per curare i soggetti affetti da patologie legate all’uso di tali prodotti, il tutto risolto per l’alcool con avvisi nei negozi di divieto di vendita ai minori e con le scritte “il fumo uccide” sui pacchetti di sigarette.

Quindi da un lato lo Statosi mette a posto la coscienza con qualche breve campagna illuminata contro droghe, alcool e tabacco, dall’altro pubblicizza e non rinuncia ad essere complice dei lauti guadagni attraverso il monopolio di Stato e quindi alle implicazioni morali sociali e pedagogiche legate a tali scelte.
Certo vi è una responsabilità individuale nelle scelte di ognuno di noi, ma anche la consapevolezza delle differenti fragilità che ogni persona ha in sé stessa e che sono state rilevate da anni sia in Italia e all’estero nelle persone portatrici di “vecchie e nuove dipendenze”.

Nessuna giustificazione per chi, soprattutto se al governo del Paese e che quindi deve operare per il bene dei cittadini, su tali debolezze specula per farne fonte di lucro diretto o indiretto.

Palese conflitto d’interesse

Luciana P. Pellegreffi 

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