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10.10.10

ADDIO PADRE MANGANIELLO












di Giuliana Covella
NAPOLI (9 ottobre) - Scacciato due volte. Scomodo per tutti. Don Aniello Manganiello va via con l’amaro in bocca dal rione Don Guanella e non usa mezzi termini verso chi, da un lato, gli ha sempre fatto sentire il proprio «dissenso» e chi, dall’altro, avrebbe dovuto difenderlo «La camorra mi ha minacciato da quando sono arrivato qui nel ’94. Non è una novità. Anche quando si è diffusa la notizia del mio allontanamento deciso dai vertici guanelliani alcuni clan della zona mi hanno fatto sapere che non gradivano la mia presenza nel quartiere. Ma quello che mi ha più ferito è stato l’atteggiamento della Curia partenopea, che mi ha voltato le spalle, accusandomi di esibizionismo. E ha fatto pressioni sui vertici del Don Guanella per farmi allontanare».


Accuse pesanti quelle del prete originario di Faibano di Camposano, nel Nolano, ma venuto dal quartiere del Trionfale a Roma sedici anni fa. Ed è lì che da lunedì prossimo tornerà. Lì da dove era partito nel ’94 per portare la sua opera tra i giovani di Miano, Secondigliano e Scampìa. I tre «inferni» dell’area Nord dove il degrado sociale spiana la strada alla camorra. Dove è semplice, specie per i giovani, cedere alle lusinghe dei facili guadagni. Lusinghe dalle quali don Aniello è riuscito in sedici anni a tenere lontani un bel po’ di ragazzi difficili del territorio. Eppure qualcuno non ha voluto che la sua «missione» proseguisse. «Non solo i clan mi si sono messi contro - racconta mentre si intrattiene coi suoi giovani nel cortile della parrocchia di Santa Maria della Provvidenza - è noto a tutti che mi hanno sempre minacciato sin dal mio arrivo nella comunità.


Le ultime minacce mi sono arrivate, indirettamente, a luglio. Pare che un pentito della cosca dei Capitoni (i Lo Russo, clan che ha esteso la sua longa manus ormai anche al Rione Sanità da quando il clan Misso è stato decimato, ndr) abbia fatto rivelazioni sul fatto che loro non hanno mai gradito la mia presenza e per questo hanno appreso con entusiasmo la notizia del mio trasferimento. Anche se con altri clan della zona ho sempre avuto buoni rapporti, tanto che alcuni vengono finanche in chiesa la domenica essendo credenti».


«Quello che mi sconcerta, piuttosto - prosegue Don Aniello - è che la Chiesa napoletana non abbia mosso un dito per scongiurare il mio allontanamento deciso dai Superiori di Roma. Com’è possibile - mi chiedo - dopo tutto ciò che ho fatto qui? Non cerco celebrazioni, ma non posso accettare l'idea di dover abbandonare questi ragazzi, le loro famiglie, questo quartiere che, sono certo, senza di me, sarà abbandonato»...

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