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25.8.10

SVIZZERA: RITIRATA L'INIZIATIVA PER LA REINTRODUZIONE DELLA PENA DI MORTE

Il dibattito emozionale sulla pena di morte è tornato d'attualità in Svizzera.

L'iniziativa popolare per la reintroduzione della pena capitale in Svizzera è stata ritirata. Lo hanno comunicato mercoledì i promotori, spiegando che la loro intenzione era principalmente quella di sensibilizzare la popolazione alle falle del sistema giudiziario.

I promotori dell'iniziativa hanno raggiunto il loro obiettivo, almeno stando a quanto pubblicato sul loro sito internet: far riflettere sul dramma vissuto dai famigliari delle vittime di omicidio in relazione con un atto sessuale. Non appena ottenuto il nullaosta dalla Cancelleria federale martedì, il testo è rimbalzato su tutte le pagine dei giornali, in Svizzera e all'estero.

La situazione era paradossale: dopo aver militato per anni in favore del bando della pena di morte in tutto il mondo, la Svizzera si è trovata confrontata con la richiesta della sua reintroduzione nella Confederazione. E questo ad oltre 60 anni dalla sua abolizione.

Quasi all'unanimità, il mondo politico e la stampa hanno condannato l'iniziativa, ritenendola contraria ai principi stessi che fondano lo Stato di diritto. Secondo diversi media, i promotori sarebbero stati animati da una volontà di vendetta personale. La sorella della moglie del loro capofila Marcel Graf era stata assassinata nell'aprile del 2009 da un amico. L'uomo, tuttora in prigione, non è ancora stato giudicato.

L'iniziativa, promossa da un gruppetto di sette privati cittadini, ha occupato per giorni la stampa svizzera, ma anche quella internazionale dagli Stati Uniti fino agli Emirati Arabi.

Il quotidiano viennese Der Standard commentava così: se l'iniziativa fosse stata dichiarata ricevibile, «la Svizzera sarebbe stata messa alla gogna ancora di più che nel caso dell'iniziativa anti-minareti». E il francese Le Courrier sottolineava invece come il «dibattito è ancor più d'attualità perché gli svizzeri hanno già mostrato la loro inclinazione a votare di pancia, come nel caso del divieto di costruzione dei minareti».

Obiettivo sensibilizzazione?

Ma i promotori si aspettavano davvero una tale ondata di reazioni? Stando al loro capofila Marcel Graf, l'obiettivo era proprio quello di lanciare il dibattito su un sistema giudiziario che «favorisce i colpevoli di tali crimini a scapito delle stesse vittime ».
«I famigliari non hanno alcuna possibilità di difendersi e durante i processi sono ridotti a un ruolo di spettatori». I promotori hanno inoltre definito l'iniziativa sull'imprescrittibilità dei crimini a sfondo sessuale sui fanciulli – approvata dal popolo nel novembre 2008 - una «volgare beffa», a causa della sua non applicazione. Spetta ora ai politici – aggiungono – trovare i giusti correttivi.
Secondo il comitato, quanto intrapreso costituiva l'unico modo per attirare l'attenzione sulla situazione attuale. Nell'argomentario sul sito internet dell'iniziativa, i promotori avevano in particolare spiegato che in alcuni casi la pena di morte è «giusta e logica», perché solo l'esecuzione capitale dell'assassino consente ai familiari di superare il trauma.
Il testo aveva superato l'esame preliminare della Cancelleria federale. I termini erano quindi stati pubblicati martedì sul Foglio federale e i promotori avrebbero avuto 18 mesi di tempo per raccogliere le 100'000 firme necessarie per la riuscita formale dell'iniziativa.

Di che si tratta?

Formalmente valida, ma inapplicabile?

Il testo dell'iniziativa era stato giudicato irricevibile dalla maggior parte dei giuristi, perché contrario – tra l'altro – al protocollo della Convenzione europea dei diritti umani, sottoscritto anche dalla Svizzera. I promotori chiedevano inoltre che la pena di morte fosse applicata retroattivamente: anche in questo caso, però, la norma andava contro i principi di diritto.
«Questa iniziativa è un ritorno ai tempi delle barbarie, ha denunciato il senatore ticinese Dick Marty dalle pagine di Le Temps. «Tutto in questo testo è aberrante e richiede un esame preliminare più approfondito, prima della raccolte delle firme», ha sottolineato il parlamentare membro del gruppo per i diritti umani.
Ma perché allora la Cancelleria federale non ha invalidato subito l'iniziativa? Perché l'esame del testo si limita a criteri formali, come ha spiegato in un comunicato la stessa Cancelleria. Il testo è comunque stato ritirato mercoledì, ma resta il fatto che la violenza dei discorsi apparsi nei diversi forum non può non sollevare qualche preoccupazione.

Iniziative popolari: le regole devono cambiare

I promotori dell'iniziativa volevano soltanto far riflettere e mostrare le falle del sistema giuridico svizzero, hanno sottolineato mercoledì. Difficile valutare quanto queste affermazioni corrispondano al vero e in che misura abbiano invece fatto marcia indietro a causa delle reazioni inaspettate giunte dai diversi ambienti.
Una cosa è però certa: questo testo ha messo nuovamente in evidenza i problemi legati alla validità delle iniziative popolari e alla loro applicabilità in conformità agli accordi internazionali. I criteri di valutazione dovrebbero essere più chiari, almeno secondo la liberale radicale Isabelle Moret, che ha lanciato un'iniziativa parlamentare in questo senso.
Per risolvere il problema alla radice, conclude dal canto suo Andreas Auer, professore di diritto costituzionale dell'università di Zurigo, occorre cambiare le regole: dovrebbe essere il Tribunale federale, e non il parlamento, a stabilire se un'iniziativa è conforme al diritto internazionale. Così si eviterebbe di fare votare inutilmente il popolo.
swissinfo.ch

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