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24.8.10

IN MEMORIA: GIOVANNI PESCE, PARTIGIANO

 
Compagno Pesce, un onore averti conosciuto.

Sono passati già tre anni da quando Giovanni ci ha lasciati. Resta, è vero, la sua storia ed è una grande storia, restano i suoi libri, c'è persino un bellissimo filmato. Ma ci manca la sua presenza, la viva voce di quei racconti che la cadenza dolce della madre lingua francese rendeva ancor più affascinanti. Le storie vissute della fame e delle immigrazione, la miniera, la Spagna, il confino di Ventotene, i Gap, il dopoguerra così carico di aspettative e anche di delusioni. 

Giovanni Pesce non era soltanto il comunista di una generazione irripetibile, ma era e resta la rappresentazione, in un uomo, della storia, quella limpida e bella, del Novecento antifascista e dei comunisti italiani. Una storia di cui andare orgogliosi. E lui si compiaceva nel trasmetterla. Giovanni alle riunioni arrivava sempre tra i primi, le manifestazioni se le voleva scarpinare tutte, anche quando gli anni e gli acciacchi lo rendevano un lavoro faticoso. Ma il suo ambiente naturale era in mezzo ai compagni quando, in allegria davanti ad un bicchiere di vino, i racconti scorrevano via fluidi. E lui aveva molto da raccontare. Ma nel cuore di Giovanni un posto speciale era riservato alla Spagna.
In Spagna Giovanni diventa uomo. La Spagna sempre nel cuore. Lui poi ci tornò spesso, organizzava viaggi, andava sugli scenari delle battaglie, incontrava i vecchi antifascisti. La Spagna, in verità, gli era rimasta anche infissa nella carne con le schegge di una granata franchista che lo fecero soffrire sino agli ultimi giorni, ma anche, anni prima, divertire come quando attraversava i controlli agli aeroporti e trillavano tutti gli allarmi e solo dopo, con un po' di civetteria, mostrava le carte comprovanti le ferite e tutti si mettevano sull'attenti. La Spagna che segna la sua vita perché è la terra in cui va in scena per la prima volta l'Internazionalismo Proletario e operai e artisti accorrono da paesi vicini e lontani e, con le Brigate Internazionali, fanno barriera al fascismo che annuncia la sua esplosione nel continente. 

Lui ci arriva in Spagna da adolescente con ancora addosso la polvere della miniera. Le Brigate diventano la sua Patria. Il concetto di Patria, ma quella degli operai e dei contadini che tengono la testa alta davanti ai fascisti, lui la incontra a Ventotene dove impara la lingua italiana con una maestra d'eccezione, Camilla Ravera. E poi la clandestinità, Torino e Milano, dove il nemico non è in una trincea davanti a te. E' la guerra dei Gap, la più insidiosa, dove la paura è sempre in agguato e uccidere chi non hai mai visto è il tormento che squassa Giovanni. Qui appare l'uomo di "Senza tregua", l'uomo di ferro, quello che Sandro Pertini avrebbe definito "Hombre vertical". Ma non c'è solo questo. Nella clandestinità Giovanni conosce la partigiana Sandra, la nostra cara Nori e subito dopo la guerra la sposa. E la foto dei due che, in bicicletta, vanno in viaggio di nozze al lago di Como è dolcissima. 
Poi il 25 Aprile e per Pesce ci sono incarichi prestigiosi a Roma ma anche incomprensioni, amarezze, persino ostilità. Roma non è il suo mondo e Giovanni se ne va sbattendo la porta, che è quella delle Botteghe Oscure, non so se mi spiego. Tornato a Milano lavora nell'Anpi e, in tutta modestia, la Medaglia d'Oro al Valor Militare vende il caffè nei bar. Io lo ricordo quando venne a fare la fornitura al bar della Camera del Lavoro. Quando nasce Rifondazione, Giovanni rinasce alla politica, si sente di nuovo apprezzato, partecipa sereno a tutti i Cpn del Partito anche se borbotta. Io gli sedevo sempre affianco, quando il dibattito era criptato e si preparavano quelle dolorose divisioni che poi si sarebbero consumate. Si trovava bene, assai bene tra i giovani, e oggi Giovanni Pesce sarebbe la bandiera della Federazione della Sinistra, la bandiera più prestigiosa. Siamo onorati di averlo conosciuto e averlo ascoltato ma, ripetiamo, ci manca proprio oggi quando la Costituzione Repubblicana è sotto attacco. Ci avrebbe dato una mano, un incoraggiamento, fiducia e ci avrebbe detto: «No pasaran».


Bruno Casati

Biografia

2 commenti:

  1. INIQUITA'
    Si rinasce tutte le volte che si ha la forza e la volontà di amare. (G. Errera)
    Ma addirittura conta la volontà ad amare?
    Persone con comportamenti iniqui
    “Caino ritrova Abele e gli chiede: mi hai perdonato? Abele, di cosa? Caino, p...erdonato l’’hai dimenticato” Borges.
    Si impara e non si insegna il mondo.
    Si ama a sentirsi amati.
    Rispetto di ogni diversità, imparando, come da ogni errore, alle stesso più difficili comportamenti, riuscire in ciò più difficile: non ingannare se stessi.
    Pensando il modo adesso a costruire, interagisce la frase di Ungaretti: "come in autunno sugli alberi le foglie".

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  2. Spesso ci manca la consapevolezza dell'attimo in cui il presente è già passato e il futuro fugge come un battito d'ali. E restiamo a guardare un cammino cher non abbiamo capito o a cui non abbiamo voluto dare un fine mentre altre/i su quel cammino hanno costruito anche quelle delle generazioni successive, ma non sempre ne siamo consapevoli.

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