Dopo il passaggio ai tornelli, i lavoratori licenziati e riammessi dal giudice sono stati fermati dalla vigilanza interna. La proposta della Fiat: "Fate solo attività sindacale". I tre rifiutano e vanno via. "Ci appelliamo al presidente Napolitano". L'azienda: "Provvedimenti adottati pienamente legittimi"
MELFI - La sfida continua nello stabilimento Fiat di Melfi, dove oggi, come aveva disposto una sentenza della magistratura del lavoro, tre dipendenti licenziati sarebbero dovuti tornare al loro posto. Al cambio turno delle 13.30 i tre operai - Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli - sono entrati nello stabilimento di Melfi (Potenza), fra gli applausi dei colleghi, ma sono stati bloccati dalla vigilanza interna che li ha invitati a seguirli nel suo gabbiotto. I tre operai erano accompagnati dagli avvocati e da un ufficiale giudiziario, che aveva il compito di notificare il provvedimento di reintegro del giudice del lavoro di Melfi.
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Poco dopo le 14, l'azienda ha comunicato che ai tre operai veniva di fatto vietato l'accesso alle postazioni nella catena di montaggio e che i lavoratori, due dei quali sono delegati Fiom, avrebbero potuto continuare a svolgere attività sindacale all'interno della fabbrica. La Fiat avrebbe messo pertanto a disposizione degli operai la 'saletta sindacale' dove restare durante il turno di lavoro, in attesa del pronunciamento del giudice sul ricorso della casa automobilistica. Una proposta rigettata dai dirigenti della Fiom e dai legali dell'organizzazione sindacale: poco dopo le 15, i tre dipendenti sono usciti dall'azienda. E la Fiom Basilicata ha presentato una denuncia ai carabinieri.
Una decisione legittima secondo la Fiat Sata di Melfi, che in un successivo comunicato ne ha chiarito le ragioni: "La Fiat Sata di Melfi, fiduciosa che il Tribunale di Melfi, nel giudizio di opposizione, saprà ristabilire la verità dei fatti, ribadisce la ferma convinzione che siano pienamente legittimi i provvedimenti adottati nei confronti dei tre lavoratori". L'azienda ha ricordato che a carico dei tre lavoratori "è in corso anche indagine penale da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Melfi". Secondo l'azienda, "fu un volontario e prolungato illegittimo blocco della produzione, e non esercizio del diritto di sciopero".
Nella stessa nota la Fiat sostiene di aver "doverosamente eseguito" il provvedimento di reintegro emesso dal tribunale di Melfi. "La decisione di "non avvalersi della sola prestazione di attività lavorativa dei tre interessati, che costituisce prassi consolidata nelle cause di lavoro e che ha l'obiettivo di evitare ulteriori occasioni di lite tra le parti in causa, trova, nel caso specifico - si legge ancora nella nota - ampia e giustificata motivazione nei comportamenti contestati che, in attesa del completarsi degli accertamenti processuali, si riflettono negativamente sul rapporto fiduciario fra azienda e lavoratori".
"Ci volevano relegare in una stanzetta predisposta all'attività sindacale - hanno commentato uscendo dalla fabbrica le tre tute blu - non dando piena attuazione alla sentenza del giudice del lavoro che aveva predisposto il nostro totale reintegro". "Rivoglio il mio posto di lavoro e mi presenterò tutti i giorni ai cancelli della fiat fino a quando mi faranno tornare alla mia postazione", ha annunciato Barozzino, parlando anche a nome dei due colleghi. "Non sono un parassita - ha continuato l'operaio - voglio guadagnarmi il pane come ogni padre di famiglia".
L'avvocato della Fiom ha chiesto all'ufficiale giudiziario di verbalizzare la decisione dell'azienda di collocare i tre operai reintegrati in una saletta per svolgere esclusivamente attività sindacale. Secondo il legale, i tre operai sono stati reintegrati dal giudice del lavoro e devono tornare nella stessa posizione e nelle stesse mansioni che occupavano all'atto della sospensione e del successivo licenziamento. "La decisione della Fiat è inaccettabile", ha detto l'avvocato Lina Grosso. In seguito la Fiom di Basilicata ha presentato ai carabinieri una denuncia penale contro la Fiat per inottemperanza alla sentenza del 9 agosto scorso.
Davanti ai cancelli dello stabilimento di Melfi stamattina c'erano giornalisti, fotografi e cineoperatori. Nei pressi dello stabilimento c'erano anche i carabinieri. L'azienda, dopo il reintegro deciso dal giudice, aveva comunicato per telegramma ai tre operai che non intendeva avvalersi del loro lavoro. La Fiat aveva precisato nella sua comunicazione di voler continuare a pagare i tre dipendenti fino alla definizione del proprio ricorso contro la sentenza di reintegro nel posto di lavoro e nelle mansioni dei tre dipendenti. L'udienza sul merito della vicenda è fissata per il 6 ottobre prossimo.
In un volantino distribuito davanti alla fabbrica, la Fiom ha chiesto l'intervento del presidente della Repubblica e "di tutte le istituzioni democratiche" perché sia fatto rispettare "il principio costituzionale secondo cui la legge è uguale per tutti". "Lancio un appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: non ci faccia vergognare di essere italiani", ha ribadito parlando con i giornalisti Giovanni Barozzino.
La Fiom ha proclamato uno sciopero dalle 14 alle 15: gli operai hanno sfilato in corteo all'interno dello stabilimento di Melfi. Secondo la Fiom hanno partecipato i lavoratori del secondo turno, secondo l'azienda solo il 5,2 per cento nella prima ora.
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