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Nella giornata di ieri il Gip Fabrizio D’Arcangelo ha disposto il sequestro preventivo dell’area che ospita il mega-cantiere di Santa Giulia, a Milano. I reati ipotizzati sono pesantissimi e comprendono anche quello di avvelenamento delle acque, per il quale è prevista la reclusione fino a 15 anni.
Dopo le inchieste sulla ‘ndrangheta e sulla P3, vola così un’ulteriore tegola sulla testa della classe dirigente milanese e lombarda del centrodestra. Ebbene sì, perché anche in questo caso la politica e le istituzioni c’entrano. E parecchio. Ma andiamo con ordine.
Una volta, ai tempi della Milano che produceva, nella zona sud-est della città c’erano uno stabilimento chimico della Montedison e le acciaierie Redaelli. Poi arrivò la deindustrializzazio ne, la chiusura delle attività produttive e le aree delle due aziende, ben 1,2 mln di metri quadrati, divennero disponibili per quello che ormai è il core business della città: il mattone.
Fu così che nacque il progetto del nuovo quartiere residenziale Santa Giulia, annunciato come “il nuovo centro di Milano” ed esibito da Sindaco e Presidente della Regione come esempio di eccellenza lombarda. Comunque, un affare da 1,6 miliardi di euro, gestito dall’immobiliarista Zunino, nel frattempo fallito. La necessaria bonifica dell’area, visto che c’era un impianto chimico prima, fu affidata a Giuseppe Grossi, conosciuto anche come “re delle bonifiche” e intimo dell’entourage di Roberto Formigoni.
Inoltre, va aggiunto che una parte del progetto è già realizzato e che nel nuovo quartiere vivono 1.887 famiglie, che oggi sono molto preoccupate e incazzate. E giustamente, visto che secondo l’Arpa, l’agenzia regionale per l’ambiente, due delle tre falde acquifere sottostanti risultano inquinate da sostanze cancerogene, presenti con valori superiori anche di cento volte rispetto ai limiti massimi previsti dalla legge. E questo, semplicemente perché la bonifica affidata a Grossi non è mai stata fatta!
Che le cose dalle parti di Santa Giulia puzzassero, i magistrati l’avevano scoperto già un anno fa. Infatti, Grossi finì in galera nell’ottobre dell’anno scorso, ma per reati legati alla frode fiscale. Ed è stato grazie a quella inchiesta che i magistrati hanno ora scoperto la vera dimensione dell’opera criminosa.
Ma diciamolo direttamente con le parole di Grossi, rese pubbliche dai magistrati: “Se si fosse fatta una bonifica si sarebbero dovuti spendere 400-500 milioni di euro e forse non sarebbero nemmeno bastati. Per rendere gli investimenti convenienti … è necessario che ci sia un ritorno economico finanziario”. Chiaro? Non si è fatta la bonifica perché altrimenti non ci si guadagnava abbastanza e della salute delle persone chi se ne frega.
Ma se possiamo accettare che l’esistenza di personaggi come Grossi sia un fatto fisiologico dell’umanità, altrettanto non si può dire del ruolo e del comportamento di chi esercita una funzione pubblica. Infatti, lo stesso giudice D’Arcangelo parla oggi di “numerose anomalie sul piano procedimentale- amministrativo” .
Un esempio? Il Comune di Milano, in tempi recenti, cioè il 15 gennaio 2009, aveva dato parere favorevole all’analisi di rischio sull’area, perché riteneva “ottemperati gli obblighi” in merito agli “obiettivi di qualità compatibili con la tutela della salute umana e dell’ambiente” . In altre parole, le autorità locali che dovevano controllare, evidentemente non hanno controllato un bel niente.
Ma non è soltanto questione di un sistema di controllo assolutamente inefficace, per dirla così, ma c’è qualcosa di più. Beninteso, noi non facciamo i magistrati e attendiamo l’esito del loro lavoro, che pensiamo produrrà ancora molto fatti. Tuttavia non possiamo certo esimerci dal ribadire la nostra denuncia pubblica, non certo nuova, per quanto ci riguarda, relativa al groviglio di interessi, affari e relazioni tra Grossi e ambienti politici, specie regionali.
Insomma, l’anno scorso non arrestarono soltanto Grossi, ma insieme a lui finì in carcere anche Rosanna Gariboldi, assessore provinciale del Pdl a Pavia, ma soprattutto moglie di Giancarlo Abelli, oggi parlamentare Pdl, ma fino al 2008 assessore regionale lombardo e, soprattutto, signore delle nomine nella Sanità per conto di Comunione e Liberazione. Ebbene, la Gariboldi, accusata di riciclaggio (dei soldi di Grossi), patteggiò la pena, cioè si riconobbe colpevole.
Inoltre, tra i personaggi della politica pavese che maggiormente si prodigarono per lady Abelli, quando questa era in carcere, troviamo un tal Carlo Antonio Chiriaco, direttore sanitario dell’Asl di Pavia. Nulla di strano si direbbe, visto che il marito della Gariboldi era quello che decideva le nomine nella Sanità - e quindi anche quella di Chiriaco - se non fosse che stiamo parlano del Chiriaco arrestato di recente per ‘ndrangheta e accusato dagli inquirenti, tra tante altre cose, di aver contrattato con i boss la raccolta di voti di preferenza per Abelli in occasione delle ultime elezioni regionali.
Ma Giancarlo Abelli - che disponeva di un suo ufficio al Pirellone e dell’autoblu di Formigoni anche dopo il 2008 - non è l’unico elemento di collegamento tra l’affaire Santa Giulia e il governo regionale. Ricordiamo che dall’inchiesta su Grossi dell’anno scorso nacque un filone d’indagine che sta inguaiando non poco l’allora assessore regionale all’Ambiente, il brianzolo Ponzoni. E non a caso, perché Ponzoni, oltre a fare l’assessore, si faceva anche gli affari suoi. Cioè, nella fattispecie, era socio in affari della Gariboldi.
E, dulcis in fundo, l’habitué Ponzoni, nel frattempo rieletto in Consiglio regionale nelle liste del Pdl e poi nominato nell’Ufficio di Presidenza dell’assemblea legislativa, è finito anche nella recentissima inchiesta sulla ‘ndrangheta, tra il “capitale sociale” dell’organizzazione criminale, per usare il linguaggio dei magistrati.
Ma, per non fare torto a nessuno, dobbiamo ricordare che Ponzoni non è l’unico che compare nell’inchiesta sulla ‘ndrangheta, ma che ci sono anche altri politici del centrodestra recentemente eletti in Consiglio regionale: il consigliere pavese della Lega Nord, Angelo Ciocca, e quello del Pdl, Giuseppe Angelo Giammario.
Insomma, una bella montagna di letame, che ci fa però capire che alcuni nodi, forse, stanno venendo al pettine. Dopo due decenni di dominio assoluto a Milano e in Lombardia, si stanno aprendo delle crepe nel castello di menzogne e impunità del centrodestra.
Ma come sempre, non bastano le loro crepe e nemmeno il buon lavoro della magistratura, che non può e che non deve sostituire la politica. Occorre una credibile alternativa politica, che allo stato ancora non c’è.
In questi anni, troppi sono stati i silenzi, le subalternità e le complicità. E questo rende anche le parole di indignazione spesso poco credibili per una cittadinanza milanese stretta tra l’attuale crisi e i guasti di anni di cultura della paura e del rancore, ma oggi sempre di più disorientata e disgustata.
Ma questo è un discorso più lungo, non per questo articolo, sebbene terribilmente urgente, perché tra meno di un anno a Milano si vota. E quello che sta accadendo a Santa Giulia c’entra, eccome.
Luciano Muhlbauer
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