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27.6.10

USTICA: UNA STRAGE ANCORA IMPUNITA. A QUANDO LE SCUSE DEL GOVERNO ?

Roma. Torre di controllo di Campino. 27 giugno 1980. Ore 20, 59 minuti e 45 secondi. Sul punto di coordinate 39’43’N e 12’55’E scompare dalla schermo radar un velivolo civile. E’ il Dc9 I-TIGI della società Itavia, in volo da Bologna a Palermo, nominativo radio IH870,  con a bordo 81 persone, 78 passeggeri e tre uomini di equipaggio. Il controllore di turno cerca di ristabilire il contatto con il pilota del Dc9. Lo chiama disperatamente una, due, tre volte. A rispondergli solo un silenzio di morte. 
Scatta  l’allarme, ma non scattano i soccorsi che arriveranno sul punto di inabissamento dell’aereo, a metà tra le isole di Ponza ed Ustica, soltanto la mattina dopo. Un ritardo sospetto. Così come misteriosa è la causa della scomparsa del  Dc9. La cosa più facile? Attribuire il disastro ad un difetto strutturale dell’aereo, un cedimento. La tesi del cedimento strutturale del Dc9 dell’Itavia resterà per quasi due anni la spiegazione ufficiale della tragedia, tanto che la società proprietaria dell’aereo diventerà il primo capo espiatorio e sarà costretta a sciogliersi. Ma in ambienti giornalistici la tesi semplicistica della sciagura comincia quasi subito a fare acqua. Che qualcosa in questa storia non quadri dovrebbe capirlo anche il  magistrato romano al quale l’inchiesta è affidata. 
Per consegnare al pubblico ministero Santacroce i nastri di Roma Ciampino, sui quali era impressa tutta la sequenza del volo del Dc9, fino alla scomparsa dagli schermi radar, l’aeronautica militare impiega ben 26 giorni. Addirittura 99 per consegnarli i nastri di Marsala. Senza contare il materiale che gli verrà tenuto nascosto. Insomma il fatto che l’arma azzurra giochi sporco di fronte alla morte di 81 persone e che, specie all’inizio, il governo italiano sia più di ostacolo che di aiuto all’inchiesta giudiziaria è la prima vera risposta ad una domanda che ancora oggi in molti si pongono: chi ha abbattuto il Dc9 di Ustica?

 
LA PROCURA DI ROMA RIAPRE L’INCHIESTA sull'abbattimento del Dc9 dell'Itavia in cui morirono 81 persone, dopo aver convocato e sentito come testimoni due dei protagonisti del tempo: il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, e Giuliano Amato, ai tempi sottosegretario alla presidenza del Consiglio.  L'iniziativa dei pm Maria Monteleone e Erminio Amelio fa seguito alle dichiarazioni dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga secondo il quale ad abbattere il Dc9 dell'Itavia il 27 giugno del 1980 sarebbe stato un missile "a risonanza e non a impatto" lanciato da un aereo della marina militare francese. L'apertura della nuova indagine - di cui ha dato notizia il Tg3, dopo l'archiviazione disposta del giudice istruttore Rosario Priore - verificherà anche attraverso una rogatoria con la Francia, fatta anche per identificare i responsabili militari transalpini, le dichiarazioni di Cossiga. 
Quest'ultimo nel febbraio dello scorso anno spiegò a vari emittenti, radiofoniche e televisive che "furono i nostri servizi segreti che, quando io ero presidente della Repubblica, informarono l'allora sottosegretario Giuliano Amato e me che erano stati i francesi, con un aereo della marina, a lanciare un missile non a impatto, ma a risonanza. Se fosse stato a impatto non ci sarebbe nulla dell'aereo". Cossiga spiegò ai media che "i francesi sapevano che sarebbe passato l'aereo di Gheddafi. La verità è che Gheddafi si salvò perché il Sismi, il generale Santovito, appresa l'informazione, lo informò quando lui era appena decollato e decise di tornare indietro. I francesi questo lo sapevano e videro un aereo dall'altra parte di quello italiano e si nascose dietro per non farsi prendere dal radar". 
Nel gennaio dello scorso anno la prima sezione penale della Cassazione chiuse definitivamente una vicenda giudiziaria parallela a quella della strage, ovvero il processo ai generali dell'aeronautica sui cosiddetti depistaggi. La suprema corte dichiarò inammissibile il ricorso avanzato del Procuratore generale della Corte d'Appello di Roma che aveva chiesto una riformulazione della sentenza d'assoluzione, che avrebbe lasciato uno spiraglio per il risarcimento. 
I generali dell'Aeronautica Lamberto Bartolucci e Franco Ferri, accusati di aver omesso al governo informazioni sul disastro avvenuto 26 anni fa, furono assolti, in maniera definitiva "perché il fatto non sussiste".  
21 giugno 2008  

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