Il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, ha chiesto al gip l'emissione di un decreto penale di condanna per procurato allarme nei confronti del direttore di 'Libero'. Che non avrebbe compiuto alcun accertamento né sulla notizia, rivelatasi una balla, né sulla credibilità della fonte
Belpietro rischia una condanna per procurato allarme. Perché la storia dell’attentato per colpire Gianfranco Fini ad Andria si è rivelata una bufala. E il direttore di Libero, che ne ha scritto il 27 dicembre scorso, non ha fatto le necessarie verifiche prima di pubblicare la notizia. Così ora, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro ha chiesto al gip l’emissione di un decreto penale di condanna nei confronti del giornalista.
“Girano strane voci a proposito di Fini”, esordiva nel suo editoriale Maurizio Belpietro. Voci che riferivano di due storie. Una su “una vicenda a sfondo erotico peggiore di quelle rimproverate al Cavaliere”, raccontata al direttore di Libero dalla escort Lucia Rizzo, in arte Rachele, che ora è indagata per diffamazione. L’altra, quella che ora rischia di far finire nei guai Belpietro, su un agguato che nella prossima primavera avrebbe potuto colpire il presidente della Camera in visita nella città pugliese di Andria.
Il leader di Fli, secondo quanto raccontato da Libero, sarebbe rimasto ferito e le responsabilità sarebbero state fatte ricadere su Silvio Berlusconi. Con un chiaro vantaggio per Fini, in caso di elezioni anticipate. Un “brutto scherzo” per cui il mandante “si sarebbe rivolto a un manovale della criminalità locale, promettendogli 200mila euro”. Voci che il direttore del quotidiano filo-berlusconiano non documentava per nulla. Anzi, “non so se abbiano fondamento, se si tratti di invenzioni oppure, peggio, di trappole per trarci in inganno”, ammetteva lo stesso Belpietro. “Toccherà ad altri accertare i fatti”. Il direttore di Libero scriveva di essersi limitato a verificare identità e professione di chi gli aveva raccontato la storia. E poi, un’unica certezza: “Chi mi ha spifferato il piano non pareva matto”.
Nessuna verifica prima di pubblicare la notizia-bufala, quindi. Come lo stesso Belpietro ha poi ammesso nelle testimonianze in procura a Milano, non c’è stato alcun accertamento né sulle circostanze del presunto attentato, né sullo spessore e credibilità della fonte. Per questo ora arriva l’accusa di procurato allarme, un reato che può essere punito con l’arresto fino a 6 mesi o l’ammenda da 10 a 516 euro “chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio”. E Belpietro rischia anche sanzioni disciplinari da parte dell’Ordine dei giornalisti, a cui la procura ha inviato gli atti.
La richiesta di Spataro al gip è arrivata dopo che il procuratore di Bari, Antonio Laudati, ha archiviato l’inchiesta “per attentato con finalità terroristiche contro organi istituzionali e per il sovvertimento dell’ordine democratico”. L’emissione del decreto penale di condanna, oltre che per Belpietro, è stato chiesto anche per la sua “fonte”, identificata nonostante il giornalista non ne abbia mai rivelato il nome, avvalendosi del segreto professionale. Un imprenditore di Andria, elettore di centrodestra, che ha raccontato la balla a Belpietro per punire un quotidiano, secondo lui, responsabile della spaccatura tra Berlusconi e Fini. E per dimostrare quanto possa essere facile vendere una bufala per un grande scoop.
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