Il sottosegretario Carlo Giovanardi continua a ripetere, a memoria, la storiella della bomba, quella che sarebbe stata messa (non si sa da chi e per quale motivo) nella toilette del Dc9 Itavia che il 27 giugno 1980 precipitò nel mare di Ustica con 81 passeggeri a bordo. Una bomba, smentita dalla logica e dalla scienza, che tuttavia – secondo Giovanardi e l’Aeronautica – scoppiò su un aereo che decollò con due ore di ritardo, perciò quando era già in quota, e verosimilmente senza danneggiare gli arredi della stessa toilette. Tuttavia giova di nuovo ricordare (in particolare a Giovanardi) che secondo le conclusione dell’inchiesta condotta dal giudice Rosario Priore il DC9 fu vittima di un’azione di guerra:
L’incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti.
Afferma Giovanardi:
“Io ho citato in aula certosinamente sentenze passate in giudicato e undici perizie: le sentenze su Ustica affermano che non ci fu alcun missile né collisioni sfiorate. Le perizie affermano che fu una bomba”. A Palazzo Madama il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, replica così a Daria Bonfietti che ieri lo ha definito “arrogante e scriteriato”. ”In Italia – prosegue Giovanardi – purtroppo c’è una parte politica, i comunisti, che piega la verità a propri interessi di parte. Lo Stato e l’Aeronautica non furono felloni. Non ci fu alcun missile e Cossiga smentì il giorno dopo le sue dichiarazioni su un aereo francese. Non ci fu nessun aereo nel raggio di 800 chilometri. Anche Purgatori quando parla di un documento Nato, non lo mostra. Ho chiesto alla Nato tutti i documenti. Non c’é nulla di nulla su un ipotetico missile né su una sfiorata collisione. Chi cita l’istruttoria di Priore, deve sapere che questa istruttoria è stata smentita dalle sentenze di primo, secondo e terzo grado. Lo stesso Priore, dopo avere visto i resti dell’aereo, è passato dalla tesi del missile alla sfiorata collisione che avrebbe provocato lo stallo. In 100 anni di aviazione, nessun aereo è mai caduto per una sfiorata collisione”. Giovanardi ne ha poi per Daria Bonfietti: “L’80% delle vittime è di origine siciliana. Che c’entra Bonfietti? Io conosco personalmente figli di vittime che sono stanchi di essere tirati in ballo per ragioni politiche. Lo Stato ha dato ad ogni famiglia 600mila euro”. Ma perché i 600mila euro sono stati dati dallo Stato e non dall’Itavia? Giovanardi non risponde ma alla domanda sui suicidi dei controllori di volo al lavoro quella notte, Giovanardi replica: “Uno di loro stava male. L’altro era sotto stress per i continui interrogatori”. (lancio Agi 7/12/10)
Anche su questo punto è la concretezza di alcuni elementi a smentire il sottosegretario, in particolare le tracce di evidenti “intrusioni” nell’aerovia percorsa dall’Itavia 870 che furono registrate dai radar che seguivano il volo del Dc9, in particolare quello di Ciampino, di cui abbiamo a disposizione il tracciato. E ulteriore prova di quelle anomale presenze attorno al volo Itavia sono anche nelle conversazioni degli operatori in servizio la sera del disastro nel centro di controllo dello stesso aeroporto di cui, a sua volta, abbiamo le registrazioni audio che dimostrano che già nell’immediatezza del fatto i controllori di Ciampino ascoltarono alla radio “traffico americano”, tanto da prendere contatti con l’attaché militare di Roma. Per quanto riguarda, poi, il passaggio della dichiarazioni di Giovanardi “anche Purgatori quando parla di un documento Nato, non lo mostra”, per rintracciare il parere della NATO basta consultare in rete gli atti giudiziari e peritali dell’inchiesta:
Pagine 3951/3954 della sentenza-ordinanza del giudice Priore:
6. Sintesi dei fatti accertati.
Questi i fatti certi: 1) tra 17.30 e 21.15Z si registrò l’assenza sistematica dei codici di risposta militari SIF2, cosicchè nessun velivolo di tale specie avrebbe potuto essere identificato. Evento straordinario ed inesplicabile senza l’ammissione dell’esistenza di un ordine specifico, a diffusione limitata ai soli voli in atto in quell’intervallo di tempo. E ragione per cui il numero di velivoli associabili ad aerei militari deve essere assolutamente stimato superiore a quello che era apparso sino ai documenti precedenti; come peraltro confermato dal prossimo punto 4.
2) Gli esperti della NATO, a seguito di specifica richiesta di questa AG di interpretazione dei codici SIF presenti nei tabulati disponibili, riferiscono testualmente: “There is evidence of some maritime activity. Such activity as there was appears to have comprised routine patrols and transit flights, and might indicate the presence of an aircraft carrier in the Central or Western Mediterranean”. Presenza già presupposta dai periti radaristici e che induce a ritenere possibile esercitazioni o azioni militari con supporti di portaerei. E questo perchè essi sanno leggere i SIF di zone diverse dalla 5a ATAF, e in particolare quelli della 6a Flotta, che sono ACLANT.
3) Intorno alle ore 18.30Z, dopo che il DC9 è appena decollato da Bologna – è in fase di salita verso Firenze e la sua traiettoria è concomitante con quelle del volo Bergamo-Ciampino, già in quota, della coppia di F104 e della traccia LG461 non identificata – sull’Appennino tosco-romagnolo staziona un Awacs (tracce LG521-LE206-LE207, con SIF1=10, SIF2=1000, SIF3=1022 e 4300). Che il predetto velivolo sia un Awacs è confermato dalle testimonianze di Del Zoppo e De Giuseppe agli atti, e dall’annotazione dello stesso De Giuseppe, IC, sul relativo registro di Poggio Pallone “intercettazione Awacs”; notazione che lo stesso così interpreta “ricordo con precisione che la dizione “intercettazione Awacs” voleva dire che quella missione sarebbe stata a disposizione dell’Awacs”. Quale fosse la missione a disposizione dell’Awacs, come già detto, non è mai stato riferito. E tale fatto dimostra, come suggerito dai periti, che l’area tra Emilia e Toscana nel periodo di passaggio del DC9 era operativamente interessante dal punto di vista militare.
4) Dalle registrazioni effettuate all’aeroporto di Capodichino, emerge che nel pomeriggio del 27.06.80: a) l’aeroporto di Grazzanise era operante e funzionante; b) sono registrate conversazioni con traffico November – November è il nominativo riservato a traffico militare della U.S. Navy; c) vi è un discreto traffico di aerei chiamati JM – JM è il nominativo con cui vengono indicati aerei militari americani di varia natura, a volte chiamati Charlie nei colloqui; d) da alcuni colloqui si evince che l’aeroporto di Trapani era operativo; e) risulta operativo il radar della portaerei americana, contrariamente a quanto affermato in più sedi (come risulta alla bobina 1, pista 15); indipendentemente da quale fosse, giacchè anche se solo quello di approach, vi sarebbe prova di attività; e comunque, per quanto s’è detto, vi sarebbe sempre stato a protezione di quella unità, di valore inestimabile per il sistema militare statunitense un più che valido ed efficiente picchetto radar.
5) Il volo del DC9 era affiancato da un velivolo nascosto, come provato dall’analisi dei dati radar. L’unico momento in cui l’inserimento di tale velivolo poteva essere avvenuto è stato nella fase iniziale del volo del DC9, quando esso si trovava in salita sopra la Toscana. In quella fase del volo, infatti, in uno spazio molto ristretto si sono trovati contemporaneamente i seguenti aerei: il DC9, il volo Bergamo-Ciampino già in quota, la coppia di F104 successivamente atterrata a Grosseto, l’aereo relativo alla traccia LG461 con provenienza dalla Liguria e con SIF3=1000. La coppia di F104 in quel periodo trasmette il codice di emergenza 7300 e un Awacs ha sotto controllo una missione non identificata, proprio sull’Appennino tosco-emiliano.
6) Non possono essere escluse a priori attività volative intorno al DC9 nell’area di Ponza, come provato dai dati radaristici, documentali e testimoniali.
7) Pochi secondi dopo l’incidente la rotta del DC9 è attraversata da uno o due velivoli militari e si evidenzia il proseguimento del velivolo in coda come emerge dall’analisi dei dati radar, e da riferimenti testimoniali.
8 ) Sulla traiettoria dei precedenti velivoli militari, a poca distanza dall’incidente, viene recuperato in mare il serbatoio supplementare di un caccia, reperto agli atti.
9) Una ricognizione da parte di un velivolo militare sul luogo dell’incidente viene compiuta prima della ricognizione di soccorso ufficiale, come risulta dai dati radar e dalle registrazioni telefoniche.
10) L’esistenza di attività volativa militare sui cieli del Tirreno; che, sempre negata dall’AM, è invece risultata dall’esame dei tabulati agli atti, dalle conversazioni telefoniche e dalle dichiarazioni NATO.
11) La scoperta sui monti della Sila del noto MiG che appare con certezza esser caduto diverso tempo prima della data ufficiale, il 18 luglio, dichiarata dall’AM; di modo che si è elevata la probabilità di correlazione tra tale caduta e l’incidente occorso al DC9.
In conclusione si può affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, usando una terminologia processuale di stampo anglosassone, che quella sera si verificò un’azione militare di intercettamento, con ogni verosimiglianza nei confronti dell’aereo nascosto nella scia del DC9 e che la caduta dell’aereo di linea sia accaduta in questo contesto. Tale scenario appare compatibile con le ipotesi agli atti che spiegano le modalità di rottura del DC9 come conseguenti o ad una “mancata collisione” presunta dai periti Casarosa e Held, o ad un attacco missilistico, presunto dai consulenti Algostino, Pent e Vadacchino.
7. Il quadro complessivo.
Da questi punti fermi deriva un quadro chiaro e allo stato delle conoscenze più che difficilmente confutabile. Non più un velivolo isolato che per una qualche ragione precipita, ma una situazione complessa quale è stata possibile ricostruire mediante cognizioni radaristiche, più volte negate, comunque impedite e solo da poco con certezza acquisite. Con queste chiavi di interpretazione si sono visti quei velivoli dei quali sin della prime battute delle indagini s’era impedita la cognizione. In primo luogo un velivolo nascosto, nel senso che volava celandosi, così come non raramente accade, e tanto più accade se si tratta di un velivolo militare che deve compiere un trasferimento che si vuole assolutamente segreto; un velivolo che cioè “si prende un passaggio” dietro un normale aereo di linea. Per sfuggire, ormai lo si è imparato, alla detezione radar, basta volare in coda ad altro velivolo a breve distanza da esso, sia in rotta che in quota. Il radar non è capace di distinguere; dei due aerei ne vedrà uno solo. Questo mantenersi accodati però non è manovra semplice, e può darsi che ci si discosti da un perfetto allineamento di e per un certo numero di miglia. Questi allontanamenti quando superano certe misure non sfuggono al radar e se registrati ovviamente restano nella sua memoria. In tal senso la spiegazione di una serie di battute, ravvisata dai periti d’Ufficio e confermata da quelli di parte civile – che invero lo sostenevano da anni -, contestata solo dai consulenti di parte imputata, i quali pur preparatissimi in tecniche radaristiche, persistono nel negare da sempre la presenza di un aereo nascosto, con metodologie che sono state brillantemente motivate, ma ancora più ragionevolmente smontate.
Questo velivolo penetra nella rotta del DC9, ad h.18.18.21, all’altezza versante Sud dell’Appennino tosco-emiliano – per i periti d’ufficio è la traccia LG461 con SIF3=1000 – e se ne discosta ai seguenti tempi, rilevati dal radar civile: h.18.25.05; 18.26.02; 18.26.07; 18.26.51; 18.27.31; 18.28.09; 18.29.05; 18.31.03; 18.34.29; 18.34.34; 18.34.50; 18.40.32; 18.40.33; 18.40.39; 18.41.05.
In tutte le evidenze sopra delineate il radar civile rileva un plot primario accanto ai plots combinati del DC9, del volo Bergamo Ciampino e dell’F104. Successivamente, quando i voli contigui al DC9 muteranno rotta, l’uno verso Grosseto e l’altro verso Ciampino, il fenomeno emergerà ancora, anche sotto altre forme, quali la doppia quota rilevata dalle trasmissioni in cross-tell (Poggio Renatico-Potenza Picena) e le due risposte al transponder 1136 rilevate dal radar civile con lo stesso estrattore – sia esso Selenia o Marconi – e con poche miglia di distanza l’una dall’altra.
L’inserimento nella rotta del DC9 è di certo constatato da quella coppia di velivoli militari F104 che segue a brevissima distanza il DC9 dalle ore 18.21Z e a h.18.26 inserisce circa una prima volta il codice 73 di SIF1 equivalente ad emergenza generale, confermata dal SOS SIF=2 e dall’accensione della spia di blinking nella sala operativa di Poggio Ballone. Lo segue poi per circa 14 minuti sino ad allontanarsene per l’aeroporto di Grosseto, lanciando cioè “squoccando” nuovamente ad h.18.42.37 il segnale di emergenza generale.
E’ una situazione complessa già sino a questo punto. Ma a –17 e cioè a 18.58.11 emerge un altro velivolo, o altri due, come apparirà dal corretto esame effettuato dai periti radaristici d’Ufficio nella memoria depositata l’8 aprile 99, cui si rinvia; situazione ammessa in via d’ipotesi pure da Misiti+8. Velivoli che si atteggeranno a manovra d’attacco, assumeranno cioè traiettoria ortogonale al velivolo civile, e ne taglieranno la rotta per poi scomparire dall’orizzonte radar.
Tutto questo era stato detto e scritto quasi vent’anni fa dagli esperti americani. Contro questa ricostruzione si sono rabbiosamente battuti molti ambienti e persone. E quindi attacchi che hanno ostacolato per lustri il cammino dell’inchiesta e rischi più volte d’affossamenti anche per l’avallo di deboli se non compiacenti apporti peritali. Ma anche sprone, una volta scoperti maneggi di parti e periti, a nuovi studi dei sistemi radaristici, che hanno consentito quei progressi di cui s’è scritto. E quelle nuove letture che hanno mostrato come esistesse altro velivolo diverso dall’Air Malta nei pressi del nostro, e una rotta che continua anche dopo le 18.59.45 per quasi 25NM.
Molteplici presenze e quindi contesto complesso per esercitazioni, prove di caccia e con ogni probabilità caccia effettiva; contesto non solo dimostrato da dati radaristici, ma anche da altre prove. Ma anche molteplici presenze e quindi contesto complesso, non solo nell’immediato intorno temporale e spaziale dell’evento, ma di lunga durata prima e dopo il disastro.
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