Non ci è piaciuto lo starnazzare di tante “politiche”o presunte tali di fronte alla risposta della deputata finiana Angela Napoli a una precisa domanda di Klaus Davi: “Non escludo che senatrici e deputate siano state elette dopo essersi prostituite. Questo porta alla necessità di cambiare l’attuale legge elettorale. E’ chiaro che, essendo nominati, la donna spesso è costretta, per avere una determinata posizione in lista, ad assecondare quelle che sono le volontà del padrone di turno”.
Prima delle scuse a metà della Napoli, è stato un volare di tacchi a spillo e di ciglia finte, un volteggiare di autoreggenti e di tette rifatte, di sdegno e di raffinate accuse alla Napoli di “essere una donna sessualmente frustrata”: insomma molte hanno attinto al peggior vocabolario maschilista per dimostrare la loro “purezza ideologica”.
Dimostrando che forse la Napoli, una donna preparata che ha fatto battaglie contro la mafia in prima linea e che vive per questo sotto scorta, tanto lontana dalla verità non fosse andata.
Sarebbe interessante vedere gli esiti di un sondaggio che chiedesse agli italiani quanti la pensano come lei e quanti no, ovviamente non generalizzando o criminalizzando l’intera categoria.
Anche perchè non è un mistero che la D’Addario fosse stata candidata in lista a Bari, ad esempio, o a chi si riferisse Veronica Lario quando denunciò il “ciarpame senza pudore” che circonda certi personaggi politici a lei familiari.
Nessuno si è scandalizzato in quei casi, segno evidente che sarà anche un luogo comune, ma certamente ha talvolta avuto riscontri oggettivi.
Dove la Napoli ha mancato invece, secondo noi, è nel non avere rimarcato la forma più grave di prostituzione politica, quella maschile.
Ovvero quella forma di perdità di dignità, di servilismo, di assecondare il capomanipolo per interesse, per convenienza, per arrivare o per mantenere la poltrona.
Un puttanesimo morale che porta a tradire amicizie, a rinunciare a fare quello che è giusto per adattarsi a quello che è utile, a trasformare la propria esistenza in una vita da cortigiani, tra ipocrisie e servilismi.
“Battere” obbedienti per il capo di turno per garantirsi l’esclusiva del selciato, della via che porta alla “gratifica elettorale”.
Non a caso una delle promesse che il premier ha fatto nei giorni scorsi è stata quella che “chi si pente avrà garantita la candidatura alle prossime elezioni”.
Come si potrebbe trattare una meretrice che ha osato cambiare protettore ma che se ritorna e garantisce la percentuale di incasso può essere riamessa nel giro giusto.
Questo doveva rimarcare la Napoli: come la politica tutta, salvo le eccezioni sempre presenti, sia sempre più composta da signorsì, da lecchini e da procacciatori di affari più o meno leciti.
La prostituzione politica femminile ha un aspetto più “signoriniano”, è quella che alimenta i rotocalchi e le battutacce nei corridoi del Palazzo, quella che si esprime in pettegolezzi e ammiccamenti.
Fa sicuramente più notizia, che sia confermata o meno, reale o solo supposta che sia.
Quella maschile è ipocriticamente nascosta dalla necessità di “interpretare le istanze del capo”, del “rendere un servizio al partito”, di porsi a “disposizione delle esigenze del presidente”.
Ma esiste sempre una merce che si offre e un compenso che si riceve, a scapito spesso della propria dignità, personale e politica.
Ma guai a parlarne, in fondo c’è correità anche tra prostitute e prostituti politici, fanno in fondo lo stesso mestiere, con merce diversa, ma scopo identico.
Il ciarpame senza pudore è divenuto unisex e in realtà nessuno ha il coraggio di liberare le strade parlamentari da chi fa carriera contrattando la prestazione. (destradipopolo.net)
Red
Fonte
Prima delle scuse a metà della Napoli, è stato un volare di tacchi a spillo e di ciglia finte, un volteggiare di autoreggenti e di tette rifatte, di sdegno e di raffinate accuse alla Napoli di “essere una donna sessualmente frustrata”: insomma molte hanno attinto al peggior vocabolario maschilista per dimostrare la loro “purezza ideologica”.
Dimostrando che forse la Napoli, una donna preparata che ha fatto battaglie contro la mafia in prima linea e che vive per questo sotto scorta, tanto lontana dalla verità non fosse andata.
Sarebbe interessante vedere gli esiti di un sondaggio che chiedesse agli italiani quanti la pensano come lei e quanti no, ovviamente non generalizzando o criminalizzando l’intera categoria.
Anche perchè non è un mistero che la D’Addario fosse stata candidata in lista a Bari, ad esempio, o a chi si riferisse Veronica Lario quando denunciò il “ciarpame senza pudore” che circonda certi personaggi politici a lei familiari.
Nessuno si è scandalizzato in quei casi, segno evidente che sarà anche un luogo comune, ma certamente ha talvolta avuto riscontri oggettivi.
Dove la Napoli ha mancato invece, secondo noi, è nel non avere rimarcato la forma più grave di prostituzione politica, quella maschile.
Ovvero quella forma di perdità di dignità, di servilismo, di assecondare il capomanipolo per interesse, per convenienza, per arrivare o per mantenere la poltrona.
Un puttanesimo morale che porta a tradire amicizie, a rinunciare a fare quello che è giusto per adattarsi a quello che è utile, a trasformare la propria esistenza in una vita da cortigiani, tra ipocrisie e servilismi.
“Battere” obbedienti per il capo di turno per garantirsi l’esclusiva del selciato, della via che porta alla “gratifica elettorale”.
Non a caso una delle promesse che il premier ha fatto nei giorni scorsi è stata quella che “chi si pente avrà garantita la candidatura alle prossime elezioni”.
Come si potrebbe trattare una meretrice che ha osato cambiare protettore ma che se ritorna e garantisce la percentuale di incasso può essere riamessa nel giro giusto.
Questo doveva rimarcare la Napoli: come la politica tutta, salvo le eccezioni sempre presenti, sia sempre più composta da signorsì, da lecchini e da procacciatori di affari più o meno leciti.
La prostituzione politica femminile ha un aspetto più “signoriniano”, è quella che alimenta i rotocalchi e le battutacce nei corridoi del Palazzo, quella che si esprime in pettegolezzi e ammiccamenti.
Fa sicuramente più notizia, che sia confermata o meno, reale o solo supposta che sia.
Quella maschile è ipocriticamente nascosta dalla necessità di “interpretare le istanze del capo”, del “rendere un servizio al partito”, di porsi a “disposizione delle esigenze del presidente”.
Ma esiste sempre una merce che si offre e un compenso che si riceve, a scapito spesso della propria dignità, personale e politica.
Ma guai a parlarne, in fondo c’è correità anche tra prostitute e prostituti politici, fanno in fondo lo stesso mestiere, con merce diversa, ma scopo identico.
Il ciarpame senza pudore è divenuto unisex e in realtà nessuno ha il coraggio di liberare le strade parlamentari da chi fa carriera contrattando la prestazione. (destradipopolo.net)
Red
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento
Nome Cognome
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.