In una società come quella giapponese dove il modello toyota ha creato la fabbrica totale chi perde il lavoro o non lo trova vive la propria condizione come una delle più grandi colpe. In realtà questo meccanismo è diffuso anche in occidente dove il suicidio o l'omicidio sono reazioni estreme ad un disagio psicologico che non trova una risposta collettiva. Decenni orsono, quando esisteva una identità di classe perdere il lavoro o vivere la condizione di disoccupato determinava una reazione contro un diritto negato. Oggi invece dove i consumi determinano le identità, e dove la frammentazione impedisce la ricostruzione di una identità collettiva tutto viene vissuto soggettivamente. Ed è anche e soprattutto in questa dimensione individuale che va ricercata la vittoria più grande del capitalismo.
(ANSA) - TOKYO, 27 LUG - Gli autoreclusi (hikikimori), potrebbero diventare in Giappone più dell'1% su una popolazione pari a quasi 130 milioni di persone: attualmente sono 700.000, ma il dato potenziale supera il milione e mezzo. È l'allarme contenuto nell'ultimo studio messo a punto dall'Ufficio di Gabinetto giapponese, sul fenomeno del crescente numero di persone che vivono rintanate in camera, rifiutando ogni contatto diretto con il mondo esterno. Il rapporto fornisce uno scenario inquietante, al pari di quel vocabolo hikikomori (letteralmente chi 'si ritira isolandosì) divenuto ormai noto in tutto il mondo come sinonimo di un male tipicamente nipponico: gli autoreclusi completi, che abbandonano la propria stanza di nascosto solo per cibarsi, sono 230.000, ma arrivano a oltre 700.000 considerando quelli che si recano all'esterno soltanto per interessi personali. Drammatica la stima sui potenziali hikikomori: almeno 1,55 milioni, che corrispondono alle persone che confessano d'aver desiderato almeno una volta di volersi chiudersi in casa per ripararsi dal mondo. La fotografia più recente del fenomeno riferisce di una stragrande maggioranza di maschi (quasi il 70%), in gran parte intorno ai 30 anni di età (46% del totale), che finisce per ripararsi tra le mura domestiche per difficoltà incontrate sul lavoro o nella ricerca di impiego (44%). Quasi il 70% degli autoreclusi prova senso di colpa, spesso nei confronti dei genitori, e una quota simile si dice 'incertà se rivolgersi alle istituzioni pubbliche in cerca di aiuto. Numerosi sono coloro che dichiarano di aver pensato al suicidio («a volte sento che vivere è un peso»).
(ANSA) - TOKYO, 27 LUG - Gli autoreclusi (hikikimori), potrebbero diventare in Giappone più dell'1% su una popolazione pari a quasi 130 milioni di persone: attualmente sono 700.000, ma il dato potenziale supera il milione e mezzo. È l'allarme contenuto nell'ultimo studio messo a punto dall'Ufficio di Gabinetto giapponese, sul fenomeno del crescente numero di persone che vivono rintanate in camera, rifiutando ogni contatto diretto con il mondo esterno. Il rapporto fornisce uno scenario inquietante, al pari di quel vocabolo hikikomori (letteralmente chi 'si ritira isolandosì) divenuto ormai noto in tutto il mondo come sinonimo di un male tipicamente nipponico: gli autoreclusi completi, che abbandonano la propria stanza di nascosto solo per cibarsi, sono 230.000, ma arrivano a oltre 700.000 considerando quelli che si recano all'esterno soltanto per interessi personali. Drammatica la stima sui potenziali hikikomori: almeno 1,55 milioni, che corrispondono alle persone che confessano d'aver desiderato almeno una volta di volersi chiudersi in casa per ripararsi dal mondo. La fotografia più recente del fenomeno riferisce di una stragrande maggioranza di maschi (quasi il 70%), in gran parte intorno ai 30 anni di età (46% del totale), che finisce per ripararsi tra le mura domestiche per difficoltà incontrate sul lavoro o nella ricerca di impiego (44%). Quasi il 70% degli autoreclusi prova senso di colpa, spesso nei confronti dei genitori, e una quota simile si dice 'incertà se rivolgersi alle istituzioni pubbliche in cerca di aiuto. Numerosi sono coloro che dichiarano di aver pensato al suicidio («a volte sento che vivere è un peso»).
Le istituzioni sono spesso prese di mira in quanto inadeguate ad affrontare la piaga sociale, soprattutto giovanile: in un editoriale apparso sull'edizione online, il quotidiano Mainichi ha ricordato oggi che «il problema è stato individuato da almeno 15 anni», ma pochi, ad eccezione di singoli esperti ed enti no profit, hanno lavorato per la sua risoluzione. Negli anni passati era stato istituito un progetto pubblico di riabilitazione per gli hikikomori, che prevedeva un periodo di tre mesi di prova per riportare i soggetti a disagio verso uno stile di vita regolare e al passo con la società, ma l'iniziativa è stata di recente cancellata dall'attuale esecutivo a guida Democratica, che ha giudicato il progetto non efficiente in rapporto ai costi.
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