Lunedì 15 febbraio. Per oltre due ore e mezza un gruppo di No Tav ha simbolicamente occupato, incatenandosi, la sala vip della Freccia Rossa, alla stazione di Torino Porta Nuova.
Altri No Tav, inizialmente pochi poi sempre più man mano che il tam tam No Tav diffondeva la notizia, distribuivano volantini, e facevano comizi volanti con un piccolo megafono. Forte la solidarietà di viaggiatori e lavoratori delle ferrovie che si sono uniti ai cori, hanno chiesto informazioni, e, in qualche caso si sono uniti alla protesta. Alla polizia ferroviaria, subito arrivata sul posto, si è aggiunto un folto gruppo di Digos e, infine, anche la celere in assetto antisommossa.
Intorno alle 20, subito dopo l’arrivo del Frecciarossa, i No Tav pongono fine all’occupazione, e, in corteo - alla testa i quattro occupanti ancora incatenati tra di loro – provano a uscire dall’ingresso principale. La polizia ha intanto bloccato – a tutti, viaggiatori compresi – l’uscita principale e l’accesso ai binari. I No Tav procedono lo stesso, fanno qualche giravolta davanti a quelli dell’antisommossa con casco e manganello levati. Molti presenti gridano indignati per il blocco. Ma c’è poco da fare: il treno crociato li rende furiosi come tori e i poliziotti vogliono caricare. I No Tav si esibiscono in un paio di eleganti veroniche e poi escono da via Sacchi. Il grido No Tav fa vibrare l’atrio della Stazione.
Alla stazione di Torino Porta Nuova ci sono viaggiatori di serie A e viaggiatori di serie B. Per i primi – quelli che prendono il costosissimo treno ad alta velocità – c’è una biglietteria riservata con tanto di sala d’aspetto con divanetti rossi. Per gli altri le code in piedi nella biglietteria dei tuttiquanti. È il viaggio all’epoca del Tav, un’opera pagata da tutti ma riservata ai pochi che se la possono permettere. Per gli altri restano i treni pericolosi, sporchi, sempre in ritardo di un sistema ferroviario che non bada a chi, ogni giorno, viaggia per lavoro o per studio.
La propaganda per il Tav sostiene che chi si oppone bada solo al giardino di casa propria senza farsi gli interessi generali, rappresentati dalle grandi opere. Opere inutili, dannose, pagate con i soldi sottratti ai servizi per le persone.
Da ormai 20 anni, invece, i No Tav si battono per treni sicuri, puliti, a basso prezzo per tutti.
Un’utopia sovversiva in un paese dove conta solo il profitto. Costi quel che costi. Dove pochi lucrano sulla vita dei più. Dove la nuova linea tra Torino e Lyon la vogliono imporre con le armi.
Sotto il volantino distribuito durante la protesta dei No Tav.
Treni sicuri a basso prezzo per tutti
No Tav No Trivelle
Da un mese i No Tav - migliaia di persone da Torino alla Val Susa – hanno dato vita a presidi, bloccato treni e autostrade, fatto informazione e contrastato i sondaggi per la nuova linea ad alta velocità tra Torino/Lyon. Al corteo del 23 gennaio a Susa hanno partecipato 40.000 persone.
Le trivelle le hanno piazzate di notte, impiegando centinaia di uomini in armi. Ogni volta hanno incontrato resistenza.
I media hanno gridato vittoria ma in valle come a Torino abbiamo dimostrato che le uniche ragioni dei si tav sono quelle della forza e, con la forza bruta, la militarizzazione di intere città e paesi, l’imposizione con blindati e manganelli, non faranno molta strada.
Se per fare un buchetto devono impiegare 1000 uomini in armi gli servirà l’esercito per impiantare i primi cantieri.
Quattro anni sono bastati ad incrinare il fronte istituzionale, dove le sirene del potere, del denaro e del prestigio suonano più forti, ma non hanno intaccato un movimento consapevole che velocità, crescita, progresso sono miti utili solo ad aumentare i profitti di chi, ogni giorno, lucra sulle nostre vite, portandosi via la vita e la salute di chi, per campare, deve lavorare.
I No Tav sanno mettere insieme l’autogestione delle lotte, le assemblee che discutono e decidono con l’azione diretta, senza deleghe.
Il Tav – Treno ad alta velocità - è un opera inutile, dannosa, distruttiva.
Un’opera che ha già devastato mezza Italia. Ovunque inquinamento del suolo, rumore insopportabile, perdita di fonti idriche, distruzione irreversibile dell’ambiente, case abbattute, città spezzate in due da muraglioni.
Ogni chilometro di linea costruita in Italia è costato la vita ad un lavoratore.
Una montagna di soldi pubblici sono stati sottratti ai treni per chi lavora, alle scuole per i nostri figli, ad una sanità decente per tutti. Ha guadagnato chi costruisce, la lobby del cemento e del tondino, amici e destra come a sinistra, abbiamo perso noi tutti.
Molti credono che il TAV sia solo un affare valsusino ma sbagliano. Il Tav attraverserà la città, taglierà in due la tangenziale, demolirà case. Ci aspettano decenni di cantieri e di disagi, per far guadagnare i soliti noti.
Cagnardi, l’architetto che ha preparato il progetto per Torino, chiama birilli le case da tirare giù. Nei “birilli” che il Tav incontrerà sulla sua strada, ci abita gente che magari ha fatto fatica a mettere insieme i soldi per una casa che verrà espropriata a basso costo. Quelli cui la casa non la tireranno giù, il Tav se lo vedranno (e sentiranno) sfrecciare sotto il naso.
Ma a noi, alla nostra vita, serve tutto questo?
I dati, confermati anche dai tecnici governativi, dicono di no. Una linea che collega Torino alla Francia c’è già ed è sotto utilizzata: ogni giorno ci passano 78 treni e ne potrebbero passare 210 prima che la linea si saturi.
In questi anni viaggiare in treno, per chi lavora e per chi studia, è diventato sempre più pericoloso, disagevole, costoso. La drastica riduzione del personale si è tradotta in diminuzione della sicurezza, della pulizia, della puntualità. Ma il biglietto è aumentato anno dopo anno. Tragedie come quella di Viareggio si sarebbero potute evitare, ma i soldi pubblici sono stati spesi per la Freccia Rossa, per il trasporto di elite. A Torino Porta Nuova quelli del supertreno hanno una biglietteria e una sala d’aspetto riservate. Per gli altri carrozze sporche, in ritardo, poco sicure.
Nel 2005 le barricate hanno fermato il Tav: i politici gli hanno riaperto la strada.
Fermarli è possibile. Tocca a ciascuno di noi farlo.
Luciana P. Pellegreffi
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