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11.5.11

L’importanza del come si racconta


di Giandiego Marigo
tratto da popolo viola.org

Sono esseri umani. hanno sogni,bisogni, amori…pezzi disperati di famiglie infrante. Hanno sangue rosso che scorre nelle vene. Eppure sembriamo dimenticarlo un poco tutti chi più e chi meno, rimuoviamo il dramma che li muove e ci inventiamo racconti variamente legati ad analisi geo-politiche più o meno di comodo.
Abbiamo nelle nosre analisi , persino in quelle operate in buona fede, la tendenza a definirli come dati statistici, come variabili numeriche, legate a contingenze ed a scelte di politica internazionale.
C’è un che di grottesco in questo, qualche cosa che ci fa avocare alla nostra umanità. Persino questo scrivere è in qualche modo tracciato in quel segno, pur partendo dalla necessità di individuare questa stessa deformazione…e forse proprio per quello.
Ora raccontiamo questa storia dei migranti caricando i toni dell’intervento di Gheddafi e delle sue truppe, che certamente c’è e che nessuno qui vuole negare, ma che influisce solo “parzialmente” a definire il dramma.
Lo si fa in buona fede?
Convinti di raccontare una storia vera, articoli di questo tipo popolano la stampa di sinistra ( la pochissima che è rimasta). In cosa consiste la deformazione? Almeno quella che io, modesto scribacchino con assurde pretese poetiche, individuo e vedo?
Io trovo un poco troppo comodo questo racconto fatto di soldati Libici che creano un’emergenza che comunque esisteva. Il racconto di una vendetta che omette le gravissime responsabilità che stanno a monte e sono causa.
Trovo un poco troppo strumentale ed utile alla giustificazione di questa “azione militare” questo modo di raccontare la questione. Utile a quella “fazione” interventista che maschera dietro all’umanitarismo da civiltà avanzata che non può astenersi dall’intervento la proprie appartenenze neo guerrafondaie. I pacinterventisti…i Neo democratici Bleariani, che ritengono che la democrazia e la libertà sia merce d’esportazione.
Questo racconto fatto di spacciatori di Viagra e di soldati brutali che spingono ignari migranti su barche sgangherate, con la sola intenzione di fare dispetto all’ex amico italiano. Mi sembra una narrazione riduttiva, che come si è detto a suo tempo per l’Emergenza Lampedusa fissa l’attenzione punta i proiettori e la macchine da ripresa solo sull’ultimo pezzo del percorso, dandogli dignità , quasi fosse tutta la storia.
Tende ad omettere le responsabilità precedenti, i campi di concentramento ben pagati che hanno preparato questi sventurati al ruolo di scudi umani, ma non solo. Omette le cause che quei campi hanno generato. Dimentica il racconto dei perchè per concentrarsi su quegli ultimissimi chilometri di percorso, quasi che il problema fosse solo in quel braccio di mare e sulle coste Libiche.
È un modo di raccontare che condivide il metodo antico della disinformazione e che, stupisce, venga “tacitamente” accettato anche da giornalisti, normalmente attenti a queste ingenuità da ufficio propaganda.
Su molti giornali cartacei ed on line la notizia viene affiancata ai bombardamenti sul bunker di Gheddafi, quasi a creare una conseguenza fra l’una e l’altra notizia.
Dobbiamo dedurne che come ci dice Maroni, sottintendendolo con maestria, se non ci fosse la “cattiva” volontà del mostro Gheddafi, non ci sarebbero migrazioni, oppure vogliamo dirla con la buona coscienza dei perbenisti xenofobi in Tailleur di Armani e fazzolettino verde che le migrazioni dipendono dagli scafisti?
Il fatto, quindi, che centinaia di migliaia di persone inizino questo cammino di dolore, verso l’ignoto, a rischio della loro stessa esistenza, coscienti di buttare la propria stessa vita nel gioco…bhè questa variabile, questo motivo,questa partenza e le cause che la sorreggono non interessa proprio nessuno? Le responsabilità poi che hanno “mosso” questi motivi…sino a quando continueremo ad ometterle o a lasciarle raccontare a quattro sciamannati no-global, che follemente cercano di narrarci i motivi?
Trovo davvero molto comodo questo esimerci dalla responsabilità attiva e passiva, per istigazione ed accettazione silenziosa, che ai miei occhi hainno quasi lo stesso peso, dei campi dove sino ad ora questi esseri umani erano radunati aspettando di divenire scudi in una guerra insulsa. Così come trovo a dir poco “parziale” la narrazione di una “crudeltà” che tocca solo i “libici” della fazione Gheddafiana, mentre dimentica che in guerra non si salva nessuno dall’orrore.
Mai a mia memoria, salvo che per i vincitori e quelli che hanno “ragione” si racconta generalmente molto, ma molto dopo. Cosa si sta facendo? Si giustificano i bombardamenti pur non prendendo “ufficialmente” il ruolo di fautori della guerra, per non perdere i preziosissimi voti dei quattro pacifisti veri che sono rimasti in questo paese? Si usano i medesimi metodi di cui si accusa altri di fare uso? La disinformazione va bene se siamo noi ad avallarla? Può essere “non notata”, passare inosservata? Ora io non voglio fare la figura di Avvocato del Diavolo, non ho alcun piacere ed ancor meno interesse a difendere Gheddafi, non voglio negare la realtà dell’uso strumentale dei barconi che viene fatto in questo fase della Guerra, ma nemmeno voglio raccontare di una guerra che i libici fanno da soli contro il mondo per puro odio e disprezzo o del fatto che vadano cercando migranti inesistenti pur di “disturbarci”.
I migranti sono lì…ed arriverebbero comunque prima o dopo, con o senza Gheddafi a spingerli in mare.
Le migranze ci sono a prescindere, la guerra le rende solo più drammatiche e dolorose di quanto già non siano, chiedendo un ulteriore pedaggio di sangue e sacrificio a chi già non ha più nulla.
Le migranze sono causate dai nostri comportamenti, il mondo evoluto ed occidentale ha gravissime responsabilità, che non può omettere od attribuire a capri espiatori solo perchè gli fa comodo.
Soprattutto essere coscienti e progressisti, ce lo hanno insegnato personaggi come Peppino impastato e Vittorio Arrigoni, è un bagaglio che ognuno sceglie di portare e che ci accompagna sempre, non un abito che si mette e si dismette quando meglio ci aggrada. Una serie di passi verso una meta che possono essere contati, ma che sono da un punto ad un ‘altro e non aggirandosi alla ricerca del nulla.

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