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28.4.11

Berlusconi, l’impedito, vuole smontare le emozioni e le motivazioni degli italiani


Ha paura dei referendum, ha paura delle bombe a Tripoli, ha paura del rifiuto agli affari del nucleare, e poi l’eterna paura di una giustizia normale. Votando, gli elettori delegittimeranno il Parlamento dei trasformisti
28-04-2011
Quando si farà il calcolo del tempo effettivamente dedicato da Berlusconi all’attività di governo nell’ultimo anno e mezzo, si vedrà, ne sono convinto, che, al netto del bunga bunga, non è stato più di un terzo di quello disponibile per lui, com’è noto, lavoratore indefesso. Vale a dire che l’elaborazione e la discussione con ministri e parlamentari dei disegni di legge di origine governativa concernenti le famose riforme liberali e il rilancio dell’economia sono state limitate, frettolose ed episodiche. Il massimo che il governo possa vantare (sic) è la riforma dell’università che, tutta o quasi, dipende adesso dai disegni di legge attuativi. In verità, in attesa della riforma “epocale” della giustizia, il governo ha varato due provvedimenti tanto importanti quanto controversi: uno riguardante la gestione dell’acqua, potenzialmente la sua privatizzazione, l’altro il rilancio dell’energia nucleare e quindi la costruzione di nuove centrali. Su entrambe le leggi in materia pendono due referendum, in aggiunta a quello sul legittimo impedimento.
Per scongiurare il pericolo reale che venga conseguito il quorum e che, di conseguenza, tutt’e tre le leggi siano abrogate, il governo ha scelto l’ultima data possibile (i referendum debbono tenersi fra il 15 aprile e il 15 giugno di un anno nel quale non si svolgano elezioni politiche nazionali) ovvero domenica 12 giugno.
Al fine di evitare la sovrapposizione con le elezioni amministrative, che avrebbero certamente dato un aiutino ai referendari in termini di partecipazione al voto, il non risparmioso governo farà sobbarcare a tutti una spesa aggiuntiva di due-tre cento milioni di Euro. La situazione sembrava risolta quando si è verificato il dramma della centrale nucleare giapponese di Fukushima. La curva di attenzione e di preoccupazione degli italiani si è impennata e le chances del governo e di Berlusconi di evitare una pesante sconfitta alle urne sono crollate.
Curiosamente, il capo del governo, che è anche il leader massimo del Partito dell’Amore, ha iniziato una campagna di delegittimazione delle emozioni degli italiani. Secondo lui, razionalmente, gli italiani sarebbero a favore del nucleare. Purtroppo, sostengono anche i molti corifei di Berlusconi, si fanno travolgere dalle emozioni, in primis, non l’amore per il nucleare e i suoi proponenti, ma la paura di conseguenze imprevedibili per loro e i loro cari. Con qualche colpo di decreto, Berlusconi ha “smontato” la sua legge sul ritorno al/rilancio del nucleare, rendendo probabilmente non più proponibile il referendum. Subito dopo, nel suo totale candore, non ha potuto trattenersi dal dichiarare apertis verbis che la rinuncia è temporanea e che fra un anno o due ritorneranno i provvedimenti necessari a dotare il paese di una ampia, sperabilmente solida, rete di centrali nucleari. Spetta adesso agli organi giudiziari competenti valutare se i decreti del governo annullano il referendum. La questione è oggettivamente controversa, ma conforta (sic) sentire che alcuni, in verità, i soliti, giuristi cerchiobottisti, offrono argomenti a favore di Berlusconi. Qui interessano i punti politici che mi paiono essere due.
Primo, il referendum abrogativo continua ad essere, nonostante tutto, uno strumento a disposizione dei cittadini per opporsi a quanto di sgradito governo e Parlamento fanno. Con i loro comportamenti, governo e Parlamento dimostrano da sempre di volere evitare le pronunce popolari, quantomeno, furbescamente e truffaldinamente, svuotarne la possibilità, operando con tutti i mezzi per rendere irraggiungibile il quorum. Una riflessione su questi sviluppi e sui rimedi si impone a chi abbia a cuore la democrazia dei cittadini. Il secondo punto è che, in realtà, Berlusconi è ossessionato esclusivamente dai suoi problemi. Quello che conta di più per lui non è il rilancio del nucleare che, peraltro, comporterebbe non poche opportunità di affari anche per le sue aziende, certamente per i suoi amici. Conta che il quorum non venga raggiunto affinchè la legge sul legittimo impedimento rimanga viva e operante. Tranne il piacevole e rilassante, bunga bunga, condotto con decoro e eleganza, tutto il resto, ovvero l’attività di governo, viene dopo, molto dopo, in subordine. Anzi, deve aspettare una consistente infornata di abili vice-ministri e sottosegretari gioiosamente provenienti dalle affamate fila dei Responsabili.
Gianfranco Pasquino, torinese, si è laureato in Scienza politica con Norberto Bobbio e specializzato in Politica Comparata con Giovanni Sartori. Dal 1975 è professore ordinario di Scienza Politica nell’Università di Bologna. Socio dell’Accademia dei Lincei, Presidente della Società Italiana di Scienza Politica (2010-2013), è Direttore della rivista di libri “451”. Tra le pubblicazioni più recenti: "Le parole della politica" (Il Mulino, 2010), "Quasi sindaco. Politica e società a Bologna" (Diabasis, 2011), "La rivoluzione promessa. Lettura della Costituzione italiana" (Bruno Mondadori, 2011).
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