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27.11.10

IN MEMORIA: I SETTE FRATELLI CERVI

da sinistra verso destra
Ettore Cervi anni 22, Ovidio Cervi 25, Agostino Cervi 21, Ferdinando Cervi 32, Aldo Cervi 34, Antenore Cervi 39, Gelindo Cervi 42
Tutti i sette fratelli Cervi furono fucilati a Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943


I SETTE FRATELLI CERVI (1968)

Regia: Gianni Puccini
Sceneggiatura: Gianni Puccini, Bruno Baratti e Cesare Zavattini
Musiche: Carlo Rustichelli
Durata: 105'

Interpreti: Gian Maria Volonté, Don Backy, Riccardo  Cucciolla, Carla Gravina, Serge Reggiani, Lisa Gastoni,
Oleg Jakov, Andrea Checchi
MORANDO MORANDINI
E' la storia vera dei sette fratelli Cervi (Agostino, Aldo, Antenore, Ettore, Ferdinando, Gelindo e Ovidio), contadini di Campegine (RE) antifascisti e organizzatori della lotta partigiana sotto la guida del padre Alcide (1875-1970), catturati e fucilati dai tedeschi a Reggio Emilia il 28 Dicembre 1943.
Lungamente boicottato dalla censura preventiva, il film di Puccini descrive con realismo partecipe l'ambiente emiliano, facendo perno sul personaggio di Aldo Cervi, uno straordinario G.M. Volonté. Nella ricerca di un tono nazional-popolare, ma, nello stesso tempo, teso a evitare la retorica commemorativa e forse troppo preoccupato di essere fedele alla cronaca dei fatti, è un film parzialmente riuscito, più risolto e convincente nella parte rurale che nella descrizione della guerriglia sull'Appennino.
Puccini (1914-1968) morì qualche mese dopo la fine delle riprese. Aiuto regista Gianni Amelio; collaboratore alla sceneggiatura Cesare Zavattini.

Distribuito da
CIDIF (1968) - RICORDI VIDEO, SAN PAOLO AUDIOVISIVI

65° anniversario del sacrificio dei fratelli Cervi e di Quarto Camurri

Pubblicato il 07 Gennaio 2009
Il vicesindaco Franco Ferretti (Sd) ha partecipato domenica 28 dicembre alle cerimonie di commemorazione dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri, nel 65° anniversario dell’eccidio. Riportiamo integralmente il suo intervento.
“Autorità, Partigiani, Cittadini, ritrovarci oggi in questo luogo nel 65° anniversario della fucilazione dei Fratelli Cervi e di Quarto Camurri è un gesto importante e necessario per non dimenticare.
Alcide Cervi ebbe modo di ricordare nel libro di Nicolai “I miei sette figli”, come visse gli ultimi momenti della tragica fine dei Sette Fratelli Cervi. “Non avevo capito niente, niente e li avevo salutati con la mano, l’ultima volta, speranzoso, che andavano al processo e gliel’avrebbero fatta ai fascisti, loro così in gamba e pieni di stratagemmi. E invece andavano a morire, Loro sapevano, ma hanno voluto lasciarmi l’illusione, e mi hanno salutato, sorridendo: con quel sorriso mi davano l’ultimo addio……”
C’è in queste parole tutta l’intensità, l’umanità, la determinazione e la passione politica dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri quando furono prelevati dal carcere e portati qui, al Poligono di tiro, per la fucilazione.
C’è un punto rilevante in questa immane tragedia: quel 28 dicembre si concludeva la parte più drammatica della storia della famiglia Cervi. Una famiglia contadina, profondamente radicata nel nostro territorio, nella sua cultura, nel suo lavoro, che non aveva avuto paura di scegliere e di impegnarsi al massimo grado per la libertà, per il bene comune, per il futuro dell’Italia.
Parole che sono come macigni nella nostra storia recente ed attuale e che ci parlano ancora oggi, forse soprattutto oggi, dove certi valori sembrano appannarsi e a volte consegnati al solo ricordo. Eppure quei valori: libertà, solidarietà, sono essenziali oggi più che mai per non smarrire, di fronte alla crisi che viviamo, la retta e buona via.
In poche parole, i Cervi, simbolo di un’intera generazione che fece la Resistenza e con essa fondò la nuova Italia con la Repubblica e la Carta Costituzionale, costituisce l’unico fondamento solido, come ha anche ribadito recentemente il Presidente della Repubblica a proposito dei principi fondamentali della Costituzione, che può e deve consentirci di rinnovare il paese e guidarlo verso un futuro meno incerto perché più radicato nei suoi valori fondanti.
Non si può né si deve dimenticare che la loro scelta e la loro coerenza sono stati per tante generazioni un esempio e un punto di riferimento e il fatto che noi oggi, anno dopo anno, ci ritroviamo a celebrare il loro sacrificio, è la conferma che quel pezzo della nostra storia rimane come cardine dell’identità nazionale.
Un’identità nazionale che deve trovare nel nostro tempo, una sua rinnovata formulazione che sulla base della Costituzione e delle sue ragioni di libertà e di antifascismo, ci consenta di evitare la marginalità politica e culturale dentro il paese, nel contesto europeo ed in quello internazionale.
Questo obbiettivo essenziale può e deve essere perseguito partendo dal senso che ha avuto nella nostra storia, la vicenda resistenziale e riproponendo l’esemplarità di tante storie come quella della famiglia Cervi. Storie fatte di valori profondi, di impegno quotidiano con i quali noi tutti potremo riuscire a rispondere alle domande di giustizia e di dignità dei singoli e della collettività che la storia contemporanea ci pone.
Una storia quella della nostra città e della nostra provincia fatta di lavoro e sviluppo, meta di lavoratori provenienti da oltre cento paesi di culture e religioni diverse, che hanno trovato a Reggio un tessuto sociale ricco di solidarietà, ospitalità e tolleranza.
Una città che respinge con tutte le sue forze l’odio che si è espresso nei giorni scorsi con l’incendio della campina predisposta dal Comune per l’integrazione sociale dei nomadi.
Si tratta, come ha avuto modo di dichiarare il Sindaco, di un ‘azione premeditata, il cui significato è chiaramente di ostilità e di odio.
Di sicuro noi qui oggi, non ci lasciamo intimidire.
Penso che dovremo trovare soluzione alle tante domande di senso che pervadono la nostra società, di fronte a sommovimenti grandiosi, economici, politici, sociali e culturali, quella che si interroga per ritrovare radici e punti di riferimento ideali, quella che si rifà in modo laico e nello stesso tempo profondo, alla stagione della Resistenza e della Costituzione, è quella che può maggiormente unire la nostra gente in quel grande sforzo che il nostro paese dovrà compiere per fronteggiare la più grave crisi economica degli ultimi decenni, per rinnovare la società, individuare nuovi obiettivi di sviluppo sociale e culturale.
Per questo occorrono anche “luoghi della memoria”, luoghi che parlino con evidenza visibile di questi valori, di questi ideali, delle nostre radici, del nostro passato e del nostro futuro.
Per queste ragioni nell’aprile del 2007 abbiamo inaugurato proprio qui il Parco della Resistenza, un parco di 24.000 mq.
Un parco che doveva e deve essere un luogo d’incontro per chi proviene da diversi punti della città, dal polo scolastico di Via Makallè o dal Liceo Moro, dai quartieri di S.Prospero o Santa Croce, dall’Università o dal Tribunale.
Un parco dove già esiste all’ingresso il totem dedicato a Piero Calamandrei che negli anni 50′ aveva detto, rivolto ai giovani “Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì perché lì è nata la Costituzione.
Penso che oggi sia maturo l’obiettivo da porci, come comunità, di far fare un’ulteriore salto di qualità alla funzione che questo parco deve svolgere.
Salto di qualità che deve riguardare proposte da rivolgere ai cittadini ed ai giovani in particolare, elaborando un vero e proprio percorso educativo che utilizzi assieme al parco, il Poligono di Tiro per rendere più completa l’informazione e la conoscenza di questa pagina fondamentale ed insostituibile della nostra storia”.  

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